Dubbio n. 2: Da dove iniziare un romanzo?

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Fatte tutte le premesse del caso, organizzato il materiale, scelto il tono, l’ambientazione e lo stile, tocca iniziare a scrivere. Del resto, se siamo giunti fin qui, se non ci siamo arresi alle difficoltà iniziali, ora giunge il bello. Quello per cui abbiamo molto lavorato. E quello che più ci piace fare: scrivere.

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Il panico del foglio bianco

A me, a volte, il foglio bianco fa uno strano effetto. Più le idee si affollano, più è pressante l’urgenza di dare inizio alla stesura del testo e più mi nasce la paura di “sporcare” il foglio.

Fortunatamente l’avvento di mezzi tecnologici sempre più sofisticati permette di cancellare e riscrivere all’infinito, tuttavia l’horror vacui rimane ugualmente, soprattutto se si ha la lecita ambizione di iniziare bene, non solo perché chi ben comincia è già a metà dell’opera, ma perché tutti noi conosciamo l’importanza di un buon incipit.

Per superarlo mi butto sulla scrittura senza pensarci troppo su, lasciando che le idee, che in questo punto del lavoro in realtà non sono più libere, ma già organizzate in una struttura accuratamente preparata, si dispongano sul foglio da sole. Qui la creatività ha il diritto di prendere posto comodamente, il lavoro di lima verrà dopo.

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L’incipit

Un post a parte sarà dedicato nei prossimi dubbi d’autore proprio all’incipit,  interpretandolo da un punto di vista particolare, ovvero in connessione con il finale.

Credo che l’incipit debba essere una specie di colpo di fulmine, una specie di frustata che cattura il lettore e lo trascina dentro il racconto.

Per questo mi piacciono i romanzi che iniziano in medias res , anche se ritengo che questo richieda una notevole abilità. Perché l’incipit, oltre che catturare l’attenzione, dovrebbe anche proporre fin da subito il tema centrale o, per assurdo, negarlo ma in ogni caso prenderlo in considerazione.

Molti romanzi utilizzano stratagemmi, come per esempio una lettera, riportata integralmente o citata. L’ho fatto anch’io, nel mio secondo romanzo. Ma forse non lo rifarei perché, a mio giudizio, non mi ha dato i risultati sperati.

Altri iniziano con un dialogo. Questo io non lo potrei proprio fare perché i dialoghi sono una delle parti su cui sono più carente.

Quindi, non lo so. Aspetto il colpo di genio. Per ora ho iniziato con un semplicissimo “tutto ebbe inizio in giorno in cui…”, in attesa di migliori idee e di vostri suggerimenti.

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Il ruolo dei personaggi sulla scelta dell’inizio

Altri metodi per scegliere un inizio, e non solo sull’incipit, si basano sulla focalizzazione di un personaggio. Sia esso il/la protagonista, sia esso un comprimario. Ovviamente anche questo deve fare parte di una strategia narrativa.

La scelta di puntare su un personaggio secondario potrebbe funzionare nel momento in cui l’autore volesse nascondere qualcosa al lettore, tenendo così alta la tensione e portando l’attenzione verso il punto meno importante del racconto.

Mentre, al contrario, la focalizzazione sul protagonista è funzionale a proporre subito un tema che verrà poi sviluppato di volta in volta.

La mia scelta è orientata sul secondo caso. E c’è un motivo preciso. La mia protagonista (è una donna) si troverà, suo malgrado, a fare un percorso che la porterà da una situazione A, descritta all’inizio del racconto, ad una situazione Z del tutto opposta e contraria.

Si tratta di una evoluzione che ha senso solo nel momento in cui nasce e termina allo stesso punto, quasi come se si chiudesse un cerchio (per questo la prossima settimana spiegherò perché per me ha una grande importanza la costruzione contemporanea di incipit e di finale).

Spostare l’attenzione su di un’altra parte del racconto non avrebbe senso a meno che fungesse da cappello introduttivo totalmente staccato da un contesto che poi dovrà chiudersi a cerchio.

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L’intreccio e la struttura

In realtà a questo punto la mia macro-struttura è già delineata.

Quello che dovrà ancora essere definito è l’intreccio interno, come dei cerchi che si concatenano e abbracciano l’uno all’altro. Su questo punto sono sorte le più grosse difficoltà, alcune ancora da risolvere, di cui parlerò più diffusamente in post specifici:

  • Come incrociare trama e sottotrame?
  • Come raccontare sottotrame che, in parte, si sono svolte nel passato?
  • Quando e come svelare al protagonista i segreti dei personaggi secondari, tenendo la tensione anche per il lettore?

Sebbene sembrino domande più calzanti in un momento successivo della stesura, in realtà è bene dirimere la questione fin dall’inizio per non trovarsi poi a dover riscrivere pagine e pagine che risulterebbero incomprensibili.

Essere pronti a scrivere vuol anche dire essere pronti a affrontare piccole o grandi difficoltà come queste.

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E voi da dove iniziate un  romanzo?

Il tuo commento

  • Giuro, sono rimasta ipnotizzata dall’immagine di questo post! 🙂
    Ma non mancano i personaggi in quello schema?!
    Credo che qualunque testo parta dall’idea, e a volte l’idea è già l’incipit, il finale, un personaggio, un particolare. Poi dev’essere il subconscio che lavora per noi e ricollega il tutto. In quello che scrivo ora mi hanno passato un’emozione, sto plasmando l’idea, qualche difficoltà col finale (non mi convince del tutto). Il peggio per me è la scelta dei nomi. O mi vengono subito. O ne passo in rassegna tanti, finendo col scartarli perchè magari conosco qualcuno col quel nome e non vorrei pensasse mai che mi riferisco a lui/lei….
    PS: felicissima io di essere tra i tuoi blog seguiti!!!

    • Nel mio schemino ho lasciato il personaggi indicati lateralmente perché avevo paura che facendo troppe frecce non si capisse più niente. 😛
      Anch’io sto lavorando ai nomi per il mio romanzo. Questa volta ho molti personaggi, quindi parecchio su cui ragionare. Quasi sempre li scelgo d’istinto, poi valuto se sono adatti e “giustificati”. Se non rientrano nel contesto, a volte li elimino, altre volte trovo una giustificazione. Se corrispondono a qualcuno che conosco, pazienza. Pensino quello che vogliono.. 😉

  • A me piace iniziare le storie con un evento importante, sperando che possa scatenare in chi legge l’urgenza di sapere come proseguirà la storia. Scatenare la curiosità non è difficile, lo è mantenerla più o meno sempre costante durante la narrazione. Abbassare la guardia significa annullare gli effetti che si sono voluti creare all’inizio, aggiungere troppi elementi che inducano a troppe domande stanca allo stesso modo; insomma l’equilibrio è l’obiettivo che mi prefisso quando scrivo una storia lunga.

    • L’evento scatenante all’inizio mi piace come tecnica perché, come dici tu, scatena la curiosità. Poi nel gioco di dire e non dire, celare e mostrare, si concretizza la capacità di mantenere alta la tensione. Se posso chiederti, tu come ti poni nell’eterno dibattito tra scrittura di getto e struttura (o meglio scaletta)? Cioè come organizzi il tuo materiale?

      • Come detto in altre occasioni, sono proprio incapace di formulare scalette. Parto da un’idea forte e poi tesso la trama attorno a essa; scrivo secondo ciò che l’istinto mi detta, seguendo sempre la strada maestra rappresentata da ciò che voglio raccontare. Il come arrivo a farlo si definisce strada facendo. Non è proprio da manuale di scrittura, ma è l’unico metodo che mi viene naturale.

        • Detto tra noi, secondo me i manuali di scrittura sono più utili a chi li scrive che a chi li legge. 😛 A parte gli scherzi, ognuno ha il suo metodo. Che può anche variare nel tempo. Io ho scritto il primo romanzo completamente di getto, senza sapere dove sarei andata a finire (e sinceramente si vede), il secondo con una traccia di massima ma senza un vero schema, in quello che sto scrivendo ora, parafrasando Cocciante, “era già tutto previsto”. Argomenti diversi, sensibilità diverse, metodi diversi… 😉

  • A volte il mio racconto comincia “da solo” nel senso che mi rimangono impressi spunti interessanti (letture di articoli, interpretazioni di film, scene di vita quotidiana). Quindi mi annoto idee e tracce utili per aggregarle. Quando l’ “aggregato” diventa sostanzioso quel tanto che basta da poter tirar fuori uno o più intrecci interessanti, allora comincia “veramente” il racconto. Non è mai un lavoro lineare e magari nemmeno pienamente condivisibile visto che può sembrare poco metodico. Ma è un modo di procedere che mi regala molta libertà e l’ispirazione resta più facilmente a briglia sciolta. Alla fine mi resta un gran lavoro di taglia e cuci, leggi e rileggi.

    • Condivido quello che dici, ovvero che i racconti a volte nascono da soli. Poi il metodo per organizzarli e dar loro voce è estremamente personale e frutto di esercizio e studio. Io per esempio ho cambiato varie strategie, anche perché ho cambiato argomenti, passando da testi più legati a me ad altri completamente staccati dal mio vissuto. Ora do molto più peso alla struttura e scrivo in modo più organizzato.

  • L’incipit del mio romanzo, sebbene ancora in bozza, è molto semplice.
    Si apre sul protagonista, c’è una breve descrizione dei suoi pensieri che vuole aiutare il lettore a conoscerlo, seppur a grandi linee, e dopo una paginetta scarsa c’è l’incidente scatenante. Il capitolo si chiude subito. Nel capitolo dopo, sono passati 15 anni. E in quello dopo ancora torno di nuovo indietro e faccio vedere al lettore cos’è successo…
    Andrà bene? Boh… si vedrà alla fine. 🙂

    • Hai detto bene, si vedrà alla fine. Nella mia visione circolare di romanzo è molto importante la connessione tra incipit e finale, ma di questo parleremo giovedì prossimo. A me piace molto l’idea di un capitolo iniziale breve che introduca il romanzo come un flash e che presenti già subito l’incidente scatenante. E’ la tecnica di molti thriller, se non sbaglio ne fa uso anche Dan Brown.

        • Anch’io scrivo mainstream, però penso che le tecniche dei thriller, a grandi linee e in alcuni casi, siano ottime per tenere la tensione narrativa.
          Aspetto i tuoi commenti!! 😉

  • Io… non saprei. Ne ho scritti in passato ma per fortuna sono finiti nel dimenticatoio. E lì resteranno. Iniziavo, e proseguivo sino all’epilogo. Ma non vale nemmeno la pena parlarne.
    Prima o poi dovrei ricominciare a misurarmi con qualcosa di più complesso dei racconti, ma vedremo.
    Un romanzo ci devi pensare parecchio, gli devi dare una bella struttura portante che regga dall’inizio, alla fine. Dargli anche degli sfoghi, come faceva Dickens che nei suoi romanzi non mancava mai di metterci situazioni comiche o grottesche per alleggerire la narrazione (o rallentare l’epilogo). È un impegno pesante.

    • Io sono convinta che il vero scrittore si vede sui racconti (infatti io non li so scrivere :P). Il romanzo richiede una maggiore organizzazione strutturale e costanza. Insomma, più pregi da architetto che da artista..

By Silvia

Silvia Algerino Copywriter

Dissennatamente amante della vita, scrivo per non piangere, rido perché non posso farne a meno.

Vivo con un marito, due figli e un gatto in una casa ai confini del mondo.

Mi occupo di scrittura: copywriting, SEO, naming e comunicazione aziendale. Non sempre nello stesso ordine.

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