Doppio sogno di Albert Schnitzer è un racconto scritto quasi cent’anni fa, da cui è stato liberamente tratto il film di Stanley Kubrick Eyes Wide Shut.
La modernità del racconto e la contemporaneità, di cui tuttavia non è chiara la reale dipendenza o meno, con la nascita della psicanalisi di Freud danno a questa novella un significato che trascende la semplice trama e che lancia una luce, ora sinistra ora di speranza, sulla debolezza del genere umano.
Perfettamente coerente con l’estetica del decadentismo di inizio Novecento, questo racconto tutto notturno presenta al lettore il conto di una serie di domande che chi legge non può esimersi da porre a se stesso. Ma le risposte, anziché suggerite, risultano offrire strade ampiamente possibili.
Si ricordò di certi strani casi clinici che conosceva dai libri di psichiatria, delle cosiddette doppie esistenze: un uomo spariva improvvisamente dalla vita normale, veniva dato per disperso, ritornava dopo pochi mesi o dopo anni, senza ricordare dove era stato tutto quel tempo, finché in seguito qualcuno con cui s’era incontrato da qualche parte in un paese lontano lo riconosceva, ma lui non aveva più memoria di nulla. E in forma più lieve a più d’uno doveva capitare la stessa cosa. Per esempio dopo aver fatto un sogno? Certo, ci si ricordava… Ma sicuramente c’erano anche dei sogni che si dimenticavano del tutto, dei quali non restava più traccia, tranne un certo strano stato d’animo, uno stordimento misterioso. Oppure si ricordavano solo più tardi, molto più tardi, e non si sapeva più se si era fatta un’esperienza reale o soltanto sognato. Soltanto… soltanto…!
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E mentre continuava a camminare, prendendo involontariamente la via di casa , capitò nelle vicinanze di quella strada buia e alquanto malfamata in cui poco meno di ventiquattr’ore prima aveva seguito una donna perduta nella sua abitazione misera ma accogliente. Perduta, la donna? Malfamata, la strada? Com’è vero che si cede sempre alla seduzione delle parole e si giudicano e si denominano strade, destini, uomini per pura forza d’abitudine.
Doppio sogno, Albert Schnitzer