Dubbio n. 1: Conosci il tuo stile?

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    Quando finalmente si è pronti per la vera e propria stesura di un romanzo, fatto cioè quel lungo lavoro di analisi e preparazione della struttura portante di cui abbiamo parlato la settimana scorsa nel primo post relativo ai Dubbi del Giovedì, arriva tra capo e collo un dubbio capace di spazzare in un attimo tutte le certezze che pian piano ci si era costruiti fino a qui. Almeno così è successo a me.[su_spacer]

    Conosci il tuo stile?

    Ognuno di noi ha un suo stile. Che è il risultato di un insieme di caratteristiche innate e caratteristiche acquisite negli anni.

    Non solo lo studio e le letture influiscono sul nostro modo di scrivere, ma anche l’esercizio, l’umore, la stagionalità. Cambiamo in continuazione nella scrittura, così come cresciamo, invecchiamo, ci trasformiamo nella vita .

    Eppure, qualcosa resta sempre immutato e immutabile.

    Lo riconosciamo nei nostri scrittori preferiti: lo percepiamo sia tra quelli famosi e conosciuti sia in quelli meno noti o addirittura nei principianti.

    Tuttavia non sempre siamo in grado di definire quali siano gli elementi che determinano il nostro stile e che lo differenziano da quello di un’altra persona.[su_spacer]

    Perché è importante conoscere il proprio stile?

    Saper riconoscere il proprio stile è fondamentale prima di cominciare a scrivere un romanzo per una serie di motivi:

    • Eliminare i difetti

    Se non siamo ancora (io di certo non lo sono) dei piccoli Hemingway, il nostro stile non porta con sé solo virtuosismi, ma può trascinarsi dietro anche cattive abitudini, vizi più o meno imperdonabili, piccole pecche o pesanti macigni. Individuarli è il primo passo per eliminarli.

    • Potenziare i pregi

    Insieme agli aspetti negativi, nello stile di ciascuno di noi ci sono anche apprezzabili qualità. Anche in questo caso averne coscienza è molto utile per poterne potenziare gli effetti positivi.

    • Variare lo stile

    A seconda di ciò che vorremo scrivere, avremo necessità di variare il nostro stile. Per esempio nel mio romanzo, che sarà scritto in terza persona, vorrei cambiare tono e linguaggio in base al personaggio di cui sto narrando. Se non conosco a sufficienza il mio stile, come posso variarlo?

    • Costruire uno stile personale

    Spesso il nostro stile è influenzato dalle nostre letture, soprattutto se scegliamo sovente uno stesso genere o uno stesso autore. Anche se stiamo attenti a non cadere nella tentazione di plasmarci su qualcun altro, a volte inconsciamente finiamo per imitare il nostro beniamino, diventandone una brutta copia.

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    Come riconoscere il proprio stile?

    Un bel esercizio che ho fatto per individuare gli elementi caratteristici del mio stile è stato quello di ripescare brani che ho scritto tanti anni fa e rileggerli, confrontandoli con altri dello stesso genere scritti più recentemente.

    Ho notato che ho perso alcune brutte abitudini, mentre mi sono accorta di altre, di cui non avevo coscienza, che permangono ancora adesso. Per esempio, oggi mi trattengo dall’utilizzare un certo tipo di lirica tipica della poesia ma sconveniente nella prosa. Invece continuo con il vizio di aggiungere ad un concetto un altro simile, come se avessi sempre necessità di spiegare meglio.

    Se si analizza queste mie caratteristiche da un punto di vista psicologico, già si capisce molto. Il mio bisogno di chiarire, evidente anche dall’abuso dei “come se”, “come”, “quasi come”, deriva con buona probabilità dalla mia scarsa autostima, come se (e infatti!) avessi il timore di non essere stata sufficientemente chiara nei confronti del lettore. Ma se in certi casi l’utilizzo di similitudini può essere considerato piacevole, nel momento in cui diventa troppo frequente, la prosa risente di una decelerazione che spezza il ritmo e suscita un senso di fastidio nel lettore.

    Oggi che l’utilizzo dei mezzi tecnologici ci viene incontro, può essere utile fare qualche piccola statistica per controllare anche da un punto di vista numerico l’uso (o abuso) di elementi del discorso che notiamo essere predominanti su altri. [su_spacer]

    Per quanto mi riguarda ho analizzato i miei testi secondo le seguenti categorie:

    • Struttura sintattica

    La mia struttura sintattica è in linea di massima poco articolata. Uso prevalentemente frasi brevi, composte da coordinate o solo dal verbo principale e ciò corrisponde alla mia personalità abbastanza lineare. Tra le subordinate spiccano le concessive (io stessa sono concessiva di natura).  Inoltre spesso sono sintetica, a volte troppo. Di conseguenza la mia frase tipica è composta da soggetto-verbo-complemento.

    • Lessico

    Pur cercando di utilizzare un buon numero di vocali diversi e appropriati, sono consapevole di dover ampliare il mio lessico e di dovermi staccare da un uso a volte standardizzato di esso, soprattutto per quanto riguarda i verbi.

    • Figure retoriche

    Nel mio stile le similitudini e le metafore la fanno da padrone. Come ho già detto, a volte in modo eccessivo. Mi piace l’allitterazione, anche se va dosata in modo da non risultare fastidiosa, bensì in modo da sottolineare un concetto. Lo stesso vale per la sinestesia.

    • Punteggiatura

    Pur cercando di non commettere errori da penna blu, la punteggiatura dà ampio spazio alle interpretazioni personali. Tanto che può contribuire a definire uno stile. A volte mi perdo tra troppe virgole utilizzate un po’ come parentesi. Amo i due punti e il punto e virgola. Evito i puntini di sospensione.

    • Tecniche narrative

    La mia preferita, in qualità di lettrice, è l’interruzione di un capitolo nel punto di massima tensione. Incuriosisce, varia la struttura e porta l’attenzione del lettore più in là verso i capitoli successivi tenendo sulla corda. Questo è un punto a cui sto lavorando intensamente per il mio romanzo.

    • Errori voluti

    Non c’è nulla da fare: amo l’anacoluto. Ma non ditelo a mio marito.

    • Scelta del finale

    Qui si potrebbe aprire un dibattito infinito su come far terminare un romanzo. Visto che non amo i lieto-fine e che per carattere mi piace dare una seconda possibilità ai miei personaggi, nei romanzi che ho scritto finora ho sempre scelto il finale aperto, tanto che lo sento parte del mio stile. Sono però consapevole che non deve entrare a far parte dello stile, altrimenti diventa scontato. Per il romanzo che sto scrivendo dovrò trovare una soluzione soddisfacente. Probabilmente ne parleremo in un altro post.[su_spacer]

    E voi, da cosa riconoscete il vostro stile?

     

     

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