L’assist me l’ha servito Grilloz. E quando un commentatore sollecita così acutamente l’argomento di un nuovo post, è un peccato capitale non provare almeno a tirare in porta.
A dire il vero io so ben poco di tempo e spazio, di relatività, soggettività. E si è capito. Ma del resto, non ho intenzione di insegnare nulla a nessuno. I miei sono dubbi, mica certezze. Quindi lasciamo perdere la fisica e piuttosto parliamo di scrittura.
Nell’ultimo dubbio di due giovedì fa, abbiamo parlato di come gestire il tempo in un romanzo.
Come opportunamente commentò Grilloz, il tempo è strettamente connesso con lo spazio. Ma come agisce questa connessione in un testo scritto e, soprattutto, come possiamo renderla funzionale alle nostre finalità?
il tempo e lo spazio: il concetto di storia
Forse non ci facciamo mai caso, ma utilizziamo uno stesso termine per indicare due concetti differenti.
Alla voce storia il Dizionario illustrato della Lingua italiana di Aldo Gabrielli, riporta queste definizioni:
Storia (pl. -rie), sf., ant. istòria 1. L’insieme dei fatti, degli eventi umani considerati nel loro svolgersi. ll progresso della storia; A molti la storia appare come un succedersi insensato di guerre, rivoluzioni e sopraffazioni, (…) 2. Narrazione sistematica di avvenimenti ispirata a interpretazione critica. Questioni, problemi, metodi della storia; Erodoto è il padre della storia; (…) 3. Successione di fatti e vicende. Questa è la storia del mio matrimonio; Renzo raccontò brevemente la sua triste storia (MANZONI).(…) 4. Questione, faccenda di solito spiacevole: Basta con questa storia! (…) 5. Dimin. storietta, storiella, storiellina, pegg. storiaccia.
La storia, dalla scuola primaria in poi, per noi è una disciplina che studia la successione degli eventi in un determinato luogo attraverso vari tipi di fonti.
Ma storia è anche una narrazione, un racconto. Oggi si parla sempre più frequentemente di storytelling, ovvero di quella disciplina applicata alla comunicazione (e spesso al marketing) che fornisce ad un’azienda o a un brand gli strumenti per raggiungere il proprio referente attraverso il racconto di sé.
Raccontare, inevitabilmente, non può prescindere dal concetto di tempo né di spazio.
All’ultimo anno di università, frequentai il corso di Geografia tenuto dalla temutissima professoressa Paola Sereno. L’avevo lasciato alla fine del corso di studi perché geografia mi aveva sempre fatto piuttosto schifo e la terribile fama della prof mi avevano indotto a procrastinare. Quando finalmente mi decisi, mi si aprì un mondo, tanto che cambiai la materia specifica in cui mi sarei laureata da Letteratura Latina a Geografia.
Sarebbe impossibile raccontarvi in poche parole come cambiò la mia visione attraverso quella che capii essere la scienza di relazione per eccellenza, tuttavia vi posso dire che iniziai a vedere il mondo con altri occhi e, soprattutto, iniziai a cogliere i collegamenti tra le caratteristiche specifiche delle varie discipline.
Camminando nelle vallate della mia zona, divenne automatico “giocare alla macchina del tempo” e utilizzare le stratificazioni presenti sul territorio per indagare che cosa ci fosse in quel preciso luogo nei secoli passati.
Con i miei bambini, nella nostra classica passeggiata al Castello di Zumaglia, divenne un’abitudine immaginarci la pianura brulicante di cavalieri pronti ad assaltare il castello, esaminare le torrette di guardia e creare feste danzanti nel vasto cortile. Almeno nella nostra fantasia, là abbiamo percorso tante volte il XIV secolo andando a perlustrare persino le carceri dove potevamo quasi percepire persino i lamenti dei prigionieri.
Tutto questo per dire che una storia non può essere separata dal luogo e dal tempo. Anzi, essa è il risultato della stratificazione di eventi che si sono susseguiti nel tempo e che proprio in virtù della loro somma danno un risultato tridimensionale. Come un libro, le cui singole pagine formano un volume.
Ancora Grilloz, nei commenti al post sopra citato, dice:
In un romanzo che ho letto un po’ di tempo fa ad un certo punto il protagonista si ritrova con la fidanzata in un bar per parlare. Stanno insieme ormai da un po’ di anni e il loro rapporto è entrato in crisi, soprattutto per ragioni esterne alla coppia (la ragione principale è il fulcro del romanzo, ma qui non è importante). Il bar è lo stesso in cui usavano incontrarsi all’inizio della loro relazione, solo che il padrone ha fatto dei lavori di ristrutturazione, lo ha ampliato, ha reso più moderno l’arredamento, forse è anche cambiata gestione. Insomma non è più lo stesso luogo che ha visto nascere il loro amore.
Ecco, questo è un bell’esempio di come l’ambiente sia intrinsecamente legato al tempo della narrazione. Il mutamento dello spazio sottolinea il mutamento della condizione dei personaggi approfondendone lo stato d’animo.
Mi ha colpito molto questo commento perché mi ha offerto non solo uno spunto di riflessione, ma ci ha presentato una vera e propria tecnica narrativa. Non avendo letto questo romanzo non so come sia stata usata, tuttavia ritengo che l’immedesimazione nello stato d’animo dei personaggi possa risultare più efficace nel momento in cui le venga offerta un passato di cui avere nostalgia piuttosto che un futuro che si teme o si desidera.
Mentre il ricordo del passato ci provoca una sensazione di nostalgia, malinconia o quello che chiamiamo “amarcord”, il futuro potrebbe essere sfruttato per regalare al settore un sensazione di speranza.
Per esempio, in una narrazione che parli di un uomo che desideri cambiare lavoro, il suo immaginare e descrivere fisicamente come vorrebbe che fosse il suo ufficio nuovo, potrebbe essere più funzionale che una elencazione dei suoi desideri.
E voi, avete avuto esperienze simili nelle gestione di tempo e spazio, sia come scrittori sia come lettori?
8 Comments
Spazio e tempo non possono mancare in una storia che funzioni davvero. Ho letto un libro, strano ma bello che parlava di viaggi nel tempo in realtà parallele. Ecco lì il tempo assumeva interessanti stratificazioni essendo nell’era attuale in un modo e nel passato nell’altro. Medesimo posto e medesimi personaggi. Bravura estrema dello scrittore riuscire a caratterizzare con le differenze sia il tempo storico che il posto che indiscutibilmente varia con il suo variare.
Interessante. Ti ricordi che libro fosse?
Fa sempre piacere istillare il dubbio 😉
Per chi fosse curioso il libro che ho citato è L’invenzione della madre di Marco Peano. Nel complesso il libro non mi è piaciuto molto, è scritto sicuramente bene, curato, ma la dammaticità del tema trattato e il modo in cui viene narrato me lo hanno reso noioso; ciò non toglie che qualcuno possa essere invece interessato al romanzo, al di la del mio soggettivissimo parere. Però quel passaggio mi aveva colpito, e se vogliamo non è l’unico passaggio in cui descrive l’evolversi del tampo attraverso il mutare dello spazio. La casa in cui vivono i protagonisti viene via via adattata per accogliere la madre malata che non può più salire le scale per raggiungere la camera da letto.
P.S. mi sa che il castello dovrò andarlo a visitare prima o poi 😉
Oh, sì. Zumaglia è un posto bellissimo. Qui nella nostra zona ci sono parecchi castelli, ma sono stati quasi tutti trasformati in abitazioni private. Questo invece è aperto e libero e conserva proprio il suo aspetto originario. Gli spettacoli teatrali itineranti che vengono realizzati lungo le pendici della collina che lo ospita gli danno vita e lo rendono unico.
Io come sempre lascio un punto di vista differente e che probabilmente non c’entra nulla 😀
Mi è capitato, nel secondo romanzo, di dover gestire tre linee temporali differenti, le prime due a distanza di anni l’una dall’altra, la terza di millenni nel futuro. Sarebbe stato semplice, se non fosse che tutte e tre le linee erano strettamente correlate, e non solo per la semplice correlazione “ciò che succede nel passato ha un effetto sul futuro”. Avveniva anche il contrario, ovvero avvenimenti del futuro che influenzavano quelli del passato. Fantascienza, oppure scienza?
Beh, il Dottore la pensa così: “People assume that time is a strict progression of cause to effect, but *actually* from a non-linear, non-subjective viewpoint – it’s more like a big ball of wibbly wobbly… time-y wimey… stuff.” 😀
Il viaggio nel tempo è un altro tema molto affascinante. Per me che sono totalmente ignorante in materia (sia intesa come scienza, sia intesa come fantascienza) apre un mondo in cui mi è difficile addentrarmi senza rischiare di dire stupidaggini. Però tu potresti scrivermi un guest. 😉
Tempo e spazio, insieme fusi. Mi viene in mente Cloud Atlas (o L’atlante delle nuvole di David Mitchell, io però mi sono limitata al film ed ho fatto fatica a seguirlo).
Dal momento che sto seguendo Outlander, lì c’è un salto nel tempo della protagonista. Già lei parte dal secondo dopoguerra (quindi indietro del nostro tempo) e poi salta 200 anni indietro e sì, il paesaggio è terribilmente cambiato: niente luce elettrica, niente acqua calda, niente strade, auto e aerei. Ma le stesse guerre, le stessi morti (è poco prima di Culloden, la sanguinosa guerra tra britanni e scozzesi, con lo sterminio dei clan scozzesi). Nel terzo libro mi dicono che si sposta ai Caraibi, devo iniziare la lettura a giorni.
E tanto per rimanere in tema di castelli, ce ne sono alcuni in cui riesco a entrare…ed altri no. Come se i muri fossero intrisi della malvagità che hanno osservato.
Ho visto un pezzo di Cloud Atlas. Credo di essermi addormentata, in ogni caso non ci avevo capito un tubo. Alcuni miei amici l’avevano celebrato come un capolavoro. Io evidentemente non sono riuscita ad apprezzarlo. 🙁