Questo è un post che mi sta particolarmente a cuore. E’ il primo che ho progettato per questa mia rubrica del giovedì e ci sto lavorando da oltre due mesi. Anzi, forse è proprio il motivo per cui ho creato questa rubrica, infatti rinchiude in sé uno degli scogli più grossi che mi sono trovata a dover affrontare da che ho iniziato la stesura del mio nuovo romanzo.
Man mano che ci ragiono su, mi rendo conto di quanto sia vasta la materia, tanto che ho deciso di suddividere in due post separati questo dubbio.
Ma incominciamo dall’inizio e cerchiamo di essere più chiari possibili.[su_spacer]
La nascita del mio dilemma
Per certi versi chi scrive è una specie di burattinaio che tira le fila del racconto.
Nella vita quotidiana sono molti i burattinai, alcuni più conosciuti e considerati, altri meno noti. Tanti mestieri sconosciuti per il nostro divertimento o per la nostra utilità. Penso ai tecnici della Lego che organizzano i pezzetti in modo tale da creare costruzioni sempre diverse e sempre più complicate. Penso ai vari bartezzaghi dell’enigmistica. O ai programmatori delle app con cui scandiamo ormai il ritmo delle nostre giornate. Così come più banalmente a coloro che devono studiare e progettare gli orari dei treni, degli autobus, dei turni di lavoro.
Allo stesso modo, ogni volta che leggo un romanzo ben costruito, mi chiedo quanto lavoro ci sia dietro ad una organizzazione perfetta. Chi scrive conosce tutti i particolari di una trama. Se scrive un giallo, sa chi è l’assassino. Se scrive un romanzo rosa, non solo sa se ci sarà il lieto fine (con ogni probabilità), ma sa anche come ci si arriverà. Oppure semplicemente sa come il protagonista supererà l’incidente scatenante che dà origine alla trama.
La difficoltà sta, a mio giudizio, nel gestire le informazioni che possiede in modo tale da tenere costante la tensione per il lettore.
Dalla strategia a cui si affiderà dipenderanno scelte importanti, come per esempio la scelta della persona (1° o 3°?) e del punto di vista.
Io per il mio romanzo ho deciso di utilizzare la terza persona limitata, con un cambio di punto di vista ad ogni capitolo (o almeno così vorrei riuscire a fare). Tuttavia, il mio problema consiste nel gestire le informazioni in modo tale che, così come sono sconosciute ad alcuni personaggi, lo siano anche per il lettore. Non vorrei che il lettore si trovasse un passo più avanti dei personaggi e fosse costretto ad aspettarli, per così dire.
Di conseguenza il mio dilemma: come portare avanti la trama nascondendo alcuni tasselli? e soprattutto, come e quando svelarli?[su_spacer]
Quali informazioni tenere segrete?
Ritengo che ci siano informazioni che, a seconda del genere, non devono assolutamente essere svelate prima della fine del romanzo, altre invece che possono essere tenute nascoste per creare la suspense e altre ancora che, in un gioco sapiente, possono essere accennate casualmente anticipando in modo arguto o semplicemente instillando un dubbio.
Ovviamente in un giallo sarà bene non solo mantenere il segreto sull’assassino, ma persino mescolare le carte spostando l’attenzione verso un altro personaggio. Nel fantasy, dove è scontata la vittoria finale del bene sul male, dovranno essere tenuti segreti altri aspetti, non per questo meno importanti. Per esempio la sorte di alcuni personaggi (chi si salverà?), cosa più semplice da gestire se coinvolge fatti che si svolgono alla fine, oppure le reali intenzioni dei personaggi. Mi viene in mente, a questo proposito, la figura di Saruman ne Il Signore degli Anelli che, nel corso del racconto, passerà da personaggio di animo pacifico a crudele tirapiedi di Sauron. Di più non vi so dire perché l’ho letto un sacco di anni fa e non ricordo bene.
In un mainstream, come quello che ho intenzione di scrivere io, non ci sono informazioni da tenere nascoste per convenzione, né per esigenze del genere.
Nel mio caso specifico c’è una trama principale, una trama secondaria piuttosto importante che si interseca in più punti con quella principale, e altre trame secondarie che ogni volta che si incrociano con quella principale modificano il quadro generale.
La trama principale, in cui si raccontano le vicende della protagonista, è piuttosto semplice da gestire perché ciò che viene tenuto segreto al lettore e agli altri personaggi semplicemente non si è ancora svolto. Infatti la tensione narrativa si appoggia sulla domanda: ce la farà la nostra eroina a superare l’incidente scatenante? e come farà?
Quello che invece è più delicato è gestire le sottotrame perché in alcune di esse dovranno essere tenute nascoste alla protagonista alcune informazioni, ma vorrei che fossero tenute nascoste anche al lettore. [su_spacer]
Perché nascondere certe informazioni?
La risposta, così come la domanda, è abbastanza banale. Se nel mio romanzo ci sono molti punti oscuri e, anzi, l’attenzione del lettore viene sviata, assieme a quella della protagonista (o di altri personaggi), verso informazioni volutamente fallaci, si creano continuamente sospesi e sorprese che mantengono vivo l’interesse dall’inizio alla fine.
Inoltre ho la sensazione che il rendere tutto esplicito appiattirebbe il punto di vista perché, come dicevamo prima, il lettore si troverebbe un passo più avanti rispetto ai personaggi e non riuscirebbe ad immedesimarsi nel loro punto di vista.
Infatti la mia scelta di utilizzare la terza persona e di cambiare continuamente il punto di vista, a seconda del personaggio che si trova ad essere in quel momento il protagonista dell’episodio narrato, è nata proprio nell’ottica di spingere il lettore ad entrare nella storia e a vedere la storia sotto diverse sfaccettature, quelle cioè create dall’interpretazione che i vari personaggi danno alla storia stessa. [su_spacer]
E se usassi le tecniche dei gialli?
Per quanto io non abbia una grande competenza riguardo ai gialli (ammetto di non averne letti moltissimi e di averlo fatto perlopiù nell’adolescenza, quindi una bella botta di anni fa), non appena ho preso coscienza di queste mie difficoltà, ho subito pensato che un aiuto mi sarebbe potuto arrivare proprio dall’uso delle tecniche che si utilizzano in questo genere letterario.
Di conseguenza, ho fatto qualche ricerca per documentarmi sull’argomento e ho scoperto alcune cose piuttosto interessanti.
Ma di questo parleremo la prossima settimana. Se vi dico tutto ora, dove va a finire la suspense?[su_spacer]
E voi quali segreti svelate e quali tenete nascoste nei vostri romanzi?
30 Comments
burattinaio che tira le fila del racconto, uhm cara Silvia, non mi trovi tanto d’accordo, credo che l’autore sia più la persona che dà la carica ai personaggi che sono pupazzi a molla, non marionette. Lasciarli liberi oltre a rendere la scrittura assai più divertente, ho scritto qualcosa in merito recentemente da me, li rende anche più veri, meno macchiette vincolate a clichè. Detto ciò, forse per il genere che scrivo io, commedie in bilico tra dramma e ironia, non ho la necessità di nascondere informazioni, se non qualche volta per enfatizzare un effetto sorpresa che diventa colonna portante. Non vivo questa faccenda come un problema, ecco. (In compenso ne ho molti altri ovviamente).
E poi scusa, ma cosa ci fa il portachiavi di mio marito (che gli ho pure regalato io) sulla tua porta di casa? 😀 Emanuele ne ha uno identico!!
Giuro che, se tuo marito è passato di qua, l’ha fatto a mia insaputa!! 😀 😀 A parte gli scherzi, ho trovato la foto su pixabay e ci credi? Anch’io ho un portachiavi così!!
Sapevo che qualcuno avrebbe potuto dissentire sulla mia affermazione, del resto, a pensarci bene, non è del tutto corretta. Nemmeno io penso che i personaggi siano dei burattini. Tuttavia, e qui parlo per me, nel momento in cui ho iniziato a scrivere in realtà i personaggi avevano già preso la loro strada perché c’era già stato un momento preventivo in cui, nella mia mente, erano stati lasciati liberi di agire. Il momento successivo, quello della stesura, ha richiesto invece di tirare le fila del racconto (non dei personaggi) e di farli agire in scena. Forse sarebbe stato più corretto dire “regista”, anziché “burattinaio”. Comunque, detto così, mi rendo conto che sia un po’ confuso. Mi potresti linkare il post a cui ti riferisci? mi interesserebbe molto leggerlo.
Ps. Ho letto Villeggiatura per due. Posso scriverti in privato?
https://ilibridisandra.wordpress.com/2016/02/27/la-back-story/
Uno è questo, ma credo di averne parlato più volte,
un altro questo https://ilibridisandra.wordpress.com/2014/11/11/giornate-campali-perche/
seguito da questo https://ilibridisandra.wordpress.com/2014/11/12/costruire-un-personaggio-dal-nulla-significa-fare-scelte-precise/
purtroppo ti toccherà leggere anche cose che non c’entrano nulla perchè spesso i miei post sono un mix tra scrittura e vita mia, scusami. Scrivimi pure in privato mi farà molto piacere, trovi la mia mail nel mio blog in alto cliccando “contatti”. Grazie
Grazie mille! Figurati, è un piacere leggerti anche quando parli di altro che non siano i temi “più tecnici”. 🙂
In un giallo è facile, tutto ciò che conosce l’investigatore deve essere noto anche al lettore, tutto il resto no 😉 Alcuni autori nascondono informazioni note all’investigatore, ma quello è barare.
Nel mainstream forse è un po’ diverso, anche se un punto di vista immerso semplifica un po’, perchè tutte le informazioni non note ai personaggi possono essere nascoste senza dover barare.
Ecco, secondo me l’unico punto ta tener presente è proprio non barare, il lettore si fida, non bisogna tradire al sua fiducia. Quindi le informazioni che si vogliono nascondere vanno nascoste bene, senza dare la sensazione al lettore che lo si sta imbrogliando.
Questo è un punto di vista molto interessante, su cui non avevo riflettuto. E che però mi complica un po’ la gestione dei fatti. In che senso? La protagonista non conosce alcuni fatti che riguardano altri personaggi, tuttavia interpreta in un certo senso alcuni eventi che la coinvolgono e inizia ad avere dei sospetti sul comportamento di questi personaggi. I suoi sospetti in realtà si dimostreranno errati, ma il suo sospettare sarà giustificato. La difficoltà per me sta proprio nel tenerli nascosti anche al lettore. Cosa che però vorrei riuscire a fare per i motivi spiegati nel post. Ora mi chiedo: far intuire al lettore che i sospetti della protagonista sono errati, senza tuttavia svelargli la verità può essere considerato un tradimento della fiducia del lettore?
Non conoscendo bene la storia non saprei aiutarti (se serve una mano chiedi 😉 )
comunque per quel che mi hai detto io ti direi di mantenere la massima onestà con la protagonista (ciò che sa lei è bene che lo sappia anche il lettore) mentre penso tu possa prenderti un po’ più di libertà coi personaggi secondari (che possono avere anche una loro ambiguità)
Penso che sia un ottimo consiglio e ne terrò conto, grazie. Se davvero sei così disponibile, penso che più avanti approfitterò di te! Grazie mille!! 🙂
Più che un lettore beta sono un lettore pio (nel senso di anima pia :D) tranquilla 😉
Ragionando sul momento (e potrei anche sbagliarmi, dato che non ho dalla mia alcun corso di scrittura, ma si sa che navigo a vista), direi che i punti di vista in una storia non N (numero dei personaggi) + 1 (l’autore). Chi scrive conosce tutta la trama, tutti i particolari, tutti i pensieri mentali dei personaggi, protagonisti e secondari. Ma ognuno di essi conosce solo il suo punto di vista.
Riprendendo sopra l’esempio che hai fatto a Grilloz, la protagonista ha dei sospetti, in quel momento il suo punto di vista è credere nei sospetti e in quello che LEI vede. TU autore sai che sono errati. Farlo sapere al lettore? NO, se sei nel punto di vista della protagonista, perchè LEI non lo sa. Puoi “allentare” o “esasperare” i suoi sospetti, rendendoli più o meno credibili. Ma che sono errati o meno, il lettore lo dovrebbe scoprire con la protagonista. Oppure con un altro punto di vista: questo sta a te metterlo in campo, che sei il regista della narrazione e devi montare le sequenze.
Se non sbaglio, uno dei suggerimenti in revisione è leggere lo scritto più volte, ogni volta con un solo punto di vista (nel caso siano multipli), per verificarne la coerenza.
In quel momento il regista diventa il personaggio.
Hai capito perfettamente quello che intendo. E credo che il tuo commento, assieme a quello di Grilloz, mi sia servito a focalizzare un punto importante, ovvero che, pur in un quadro di cambi di punti di vista, quello su cui devo centrare la mia attenzione deve essere quello della protagonista e, nel momento in cui mi trovo a dover scegliere quale far coincidere con quello del lettore, certamente devo dare la precedenza a quest’ultimo.
Sì ho letto anch’io da qualche parte del metodo di revisione a cui fai riferimento, in questo momento non lo ricordavo. Grazie per averne fatto menzione. E grazie dei suggerimenti. 😉
Credo che un narratore sopraffino tenda a fare esattamente il contrario. Prendi Dostoevskij ad esempio, in Delitto e castigo ci viene svelato già tutto all’inizio. Il lettore è spinto nella lettura dalla curiosità di sapere come il protagonista si comporterà per togliersi dai guai o se, invece, farà ammenda del suo delitto spinto dai rimorsi.
In teoria funziona così: giocarsi il tutto per tutto con l’effetto a sorpresa è un gioco un po’ grossolano; svelare tutto subito e poi spingere il lettore a chiedersi come è successo tutto questo? cosa accadrà adesso? come pensa di comportarsi adesso il personaggio?, sia invece un gioco molto più fine.
Per quanto riguarda il nasondere informazioni, la prolessi (ciò l’anticipazione di eventi che non sono ancora accaduti ma che accadranno sicuramente) crea molta più ansia dell’effetto sorpresa.
Ma, a dire il vero, non credo che in questo caso il punto sia giocarsi il tutto per tutto sull’effetto a sorpresa. Tanto più che, come dicevo nel post, qui si tratta di una sottotrama che, certo, riguarda la protagonista e completa la trama principale, ma non è la trama principale. Il mio è un po’ un esperimento, un’analisi della possibilità di usare varie tecniche in vari modi.
Penso anch’io che la prolessi sia molto efficace. Tra le mie letture, così su due piedi, non saprei citarne qualcuna che mi abbia particolarmente impressionata. Però ne ricordo i brividi nella schiena.
Aspetto con ansia il prossimo post, perché anche io, sebbene come te stia scrivendo un mainstream, ho dei segreti da tener nascosti. In particolare:
– c’è un’informazione molto importante di cui il protagonista non è a conoscenza, ma un altro personaggio (più d’uno, in realtà, ma è il fatto che lo sappia uno in particolare a darmi problemi) sa tutto fin dall’inizio. Domanda: in che modo gestire la faccenda? Quando il lettore deve essere informato di questa verità? E quando deve esserlo il protagonista? Mi piacerebbe se chi legge lo scoprisse un po’ prima perché questo aumenterebbe la curiosità e l’empatia. Vedremo!
– utilizzando due time-line parallele devo evitare di farmi “spoiler” da sola. Ovvero: se io mostro il protagonista nel 2000 e subito dopo nel 2015 è necessario evitare di mostrare elementi che facciano capire al lettore cosa è successo prima, a meno che non servano per generare curiosità. Finora gestire questo tipo di informazioni è stato abbastanza spontaneo, ma so che in revisione dovrò avere 1000 occhi. 😀
Che bello! Qualcuno che ha, più o meno, i miei dubbi!! 😀
Se ho capito bene, nel tuo esempio, dici che il lettore dovrebbe scoprire il segreto un po’ prima rispetto al protagonista. L’idea mi piace. Anzi, mi piace molto, anche perché crea una specie di doppia tensione. Cioè, quando il lettore scopre qualcosa di cui non era a conoscenza e che lo sorprende, si trova subito di fronte ad un’altra domanda, ovvero: quando lo scoprirà il protagonista? e come?
E in effetti, ci chiediamo anche noi: quando il protagonista deve essere informato? Probabilmente molto dipende dalla trama e da ciò che si vuole ottenere. Nel mio caso, poiché si tratta di una sottotrama, dovrò far combaciare i fatti con quelli della trama principale quindi non ho molta scelta, tuttavia penso che cercherò di spostare il tutto verso la fine, anche per evitare di trovarmi con il punto di tensione massima a metà del romanzo.
Il problema di farmi da spoiler da sola, in un certo senso, ce l’ho anch’io. Ma ne ho anche un altro. Come fare avanzare la sottotrama senza raccontare fatti centrali della sottotrama che, appunto, devono rimanere nascosti alla protagonista e al lettore?
Anche io ho il problema di cui parli, nel momento in cui il lettore ancora non è al corrente di ciò che è accaduto. Finora ho cercato di rimanere sul vago, sfiorare il segreto senza metterlo in piazza. Non so però se questa cosa funzionerà, e quando revisionerò ci penserò su.
A questo proposito sto pensando di adottare un certa strategia. Poiché non sono in grado si spiegartela, te la mostro con un esempio (infatti, show, don’t tell! 😛 ). Non far caso a come la scrivo perché è solo una bozza. “L’uomo entrò in casa in silenzio. Lei non se ne accorse, aveva la testa appena reclinata, lo sguardo sul display del cellulare e l’aspirapolvere, abbandonata a terra ancora accesa, copriva ogni rumore circostante. L’uomo si fermò a guardare la scena e si accorse che sul viso della ragazza scorreva una lacrima. In un impeto di affetto che non si era mai accorto di provare, fece un passo avanti, forse con l’intenzione di abbracciarla, di certo con quella di consolarla. A quel punto lei avvertì una presenza esterna e, sorpresa, alzò lo sguardo incrociando gli occhi con quelli di lui. Solo allora lui seppe che quelle non erano altro che lacrime di gioia”.
Questo è un pezzo di una trama secondaria. Da qui si capiscono principalmente due cose: cioè che è successo qualcosa che ha reso felice la ragazza e che lui ha un certo interesse verso questa ragazza. Non si sa però che cosa sia successo, né che tipo di rapporto abbiano realmente queste due persone. Preciso che questa è una trama secondaria e che, invece, la protagonista della trama principale è la moglie di quest’uomo. La mia idea è quella di sospendere la narrazione della trama secondaria in questo punto terminando così il capitolo e di lasciare ai lettori il dubbio. Il lettore conosce qualcosa in più rispetto alla protagonista che non è presente nella scena, ma non sa come si sono svolti veramente i fatti per cui è disponibile ad assumere anche il punto di vista della protagonista. Come ti sembra? Credi che possa funzionare? Pensi che anche nel tuo caso potrebbe esserci un meccanismo simile?
Ci ho pensato un po’, perchè mica facile, però potresti provare a descrivere l’espressione del volto, rilassato (chi piange per disperazione invece è contratto) lo sguardo sognante e perso nel vuoto e eventualmente un’abbozzo di sorriso.
L’abbozzo del sorriso è interessante, anche perché può avere una duplice valenza. Se fosse un sorriso con qualcosa di inquietante metterebbe ancora più suspense. Ci proverò. Per ora, grazie! 🙂
Io personalmente lo trovo un buon finale di racconto, figurati 😉 per me è ottimo per interessare il lettore. Se poi, per essere perfezionista, quelle lacrime di gioia tu riuscissi a mostrarle…
Grazie dell’apprezzamento! 🙂 Sì, devo sicuramente ancora lavorare sulle lacrime. Si accettano suggerimenti! 😉
Torno ancora sull’argomento con un’idea che mi è balenata, sperando possa esserti utile:
Potresti dare al lettore tutte quelle informazioni che portano la protagonista a farsi la sua idea sbagliata, questi elementi dovrebbero essere sufficienti al lettore a capire la verità, ma l’idea che si fa la protagonista dovrebbe portarli fuori strada. Se fatto bene dovrebbe portare il lettore alla fine a dire “eppure avevo tutti gli elementi per capirlo”
Difficile lo so 😛
Ecco, volevo mettere il commento alla fine e invece è finito in risposta ad un altro commento 😛 vabbè
Se vuoi leggere dei gialli: Georges Simenon, col suo commissario Maigret. Economici, li trovi pure in biblioteca nell’edizione di Mondadori (se prima di spendere vuoi darci un’occhiata, oppure non vuoi spendere e darci un’occhiata lo stesso). Lui è stato anche un grande romanziere (basta dare un’occhiata a “Lettera al mio giudice”), ma i suoi gialli sono una grande scuola.
Sicuramente seguirò il tuo consiglio. Devo già avere qualcosa qui in casa che avevo comprato in un momento di acquisti compulsivi. Grazie! 🙂
Provo a fare percepire l’esistenza di un segreto, provo a farlo assaporare al lettore in modo da stuzzicare la sua curiosità; magari, semino qualche indizio (non in senso poliziesco, non è il mio genere) per fare intuire qualcosa, mi piace anche depistare un po’, ma poi c’è sempre qualcuno che ha un intuito maggiore e capisce.
Tirare troppo la corda, in egual misura, può essere controproducente, lasciare il lettore sempre con il collo allungato fino all’ultimo non mi piace: non mi piace l’effetto che una lettura del genere ha su di me, dunque vorrei evitarlo io per prima sugli altri.
Gestire il punto di vista è impegnativo: la terza persona limitata sa ma non deve dire, l’autore sa e non deve tradirsi, insomma… non è per nulla facile.
Approvo questa tua osservazione sul non tirare il collo al lettore. Cioè, se l’espediente letterario diventa il centro del racconto, allora qualcosa non funziona e il romanzo da sé non sta più in piedi. Oltre al fatto che le nostre giornate sono piene d’ansie, in quello che leggiamo vorremmo anche un po’ di relax, no? Se l’ansia è esagerata diventa faticosa. Almeno per me. 😛
L’uso della terza persona limitata per me è un po’ una sfida. Finora ho praticamente sempre scritto in prima persona, nell’ultimo romanzo che ho scritto alternavo la narrazione in prima persona tra i vari personaggi. E’ una tecnica che mi era piaciuta molto in Non buttiamoci giù di Nick Hornby perché garantiva un bel cambio di punti di vista, che è un po’ una mia fissa. Per la prima volta uso la terza persona in questo modo, vediamo se funziona. Tu come ti regoli? Hai preferenze tra prima e terza persona?
Ti dirò. Ho sperimentato entrambe: la prima persona, apparentemente, sembra dare più soddisfazioni, perché indossare la veste del protagonista ed entrare nei suoi pensieri ti dà un grande potere, poi, però,ti rendi conto che la visione si stringe solo al suo punto di vista e quando vorresti spaziare un po’ rimani vincolato. La terza limitata è quella che sto sperimentando,adesso, ma se devo dirti la verità, non ho mai gestito seriamente i pov, è una cosa che sto imparando ultimamente e non è difficile che finisca per imbattermi in qualche incongruenza dettata dall’inesperienza.
Tutti paghiamo l’inesperienza, quello ci sta. Sai che mi sono accorta che nei racconti mi viene meglio la prima persona, mentre nei romanzi ora preferisco la terza? In effetti nel racconto, soprattutto se breve, il punto di vista si riduce quasi sempre al protagonista e forse la prima persona è più efficace. L’importante, credo, è continuare a sperimentare. 🙂
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