Accadde d’estate. Questa, per la precisione. Mi trovavo in un periodo di crisi: quella che mi piace definire come la magia della lettura sembrava essere svanita.
Mi capitò sotto gli occhi un post di Serena su Facebook. Conoscevo già Serena. Ci eravamo incrociate a commentare talvolta i post di blogger amici. Avevamo stretto su Facebook quell’amicizia che significa so-chi-sei-e-ti-rispetto. Anzi, per me era quasi un onore annoverare tra le mie amicizie la sua. Almeno da quando avevo letto il suo post sul metodo fiocco di neve. Non è che c’avessi capito molto, ma mi ero resa conto che, come si dice adesso quando non hai capito molto, era tanta roba.
Serena pubblicizzava il suo nuovo romanzo: Buck.
La copertina mi attirò subito, questo va detto. Io, che ho scelto di abbandonare la città per vivere a ridosso del bosco, mi sento sempre parte in causa quando trovo un riferimento alla mia vita selvatica.
Buck è un lupo: il riferimento è chiaro, la copertina lo conferma.
Per abitudine, acquisto sempre gli ebook dei blogger che conosco e di cui ho stima. Semplice quindi aprire amazon e fare clic.
Ho letto Buck in un fiato e, senza stare a tirarla per le lunghe, posso affermare che la magia è tornata.
Ho cercato subito Serena perché quando la magia ritorna, la devi condividere. Non c’è altro da dire.
Ecco perché ho avuto necessità di intervistare Serena e di farle sentire come a me era arrivato tutto, ma proprio tutto. E se non è un successo questo, non so proprio che cos’altro possa esserlo nella vita letteraria di uno scrittore.
Ps. Serena ha deciso di farci un regalo in occasione di questa intervista: oggi potete scaricare l’ebook di Buck gratuitamente! Approfittatene e diffondete la notizia.
LE MIE DODICI DOMANDE A SERENA
1. La cosa che mi ha colpita maggiormente, ancor prima di leggere il tuo libro, è l’ambientazione che hai scelto: una riserva indiana Lakota. Come è nata questa scelta e quali difficoltà ha comportato?
Sono sempre stata affascinata dai Nativi Americani e dalla loro cultura, e mi è già successo di scriverci su, in qualche modo. La scelta dei Lakota Hunkpapa, in particolare, è dovuta a dei ricordi di quando ero ragazzina. Non so se conosci il personaggio di Ken Parker: eroe inconvenzionale del West, protagonista di una serie a fumetti di Berardi e Milazzo. In uno degli albi che mi piacquero di più, Ken passava un periodo della sua vita proprio con i Lakota Hunkpapa. Una bella storia che mi è rimasta nel cuore e che ha contribuito ad alimentare il mio interesse e la mia curiosità per quelle popolazioni. Mi sono documentata parecchio, prevalentemente online però. Dopo la pubblicazione qualche lettore mi ha scritto regalandomi informazioni preziose che non si trovano su Internet, che utilizzerò in parte per il prossimo romanzo.
2. Nel tuo libro si intrecciano amore, vita, morte, magia. Ma è una magia che, a mio parere, non ha tanto a che vedere con il soprannaturale o con l’esoterico, semmai con la Natura nel senso più ampio del termine, una Natura magica che pervade ogni essere animato. Ti ritrovi in questa mia affermazione?
Direi che hai perfettamente centrato il punto! Anche se nei prossimi libri l’elemento fantastico acquisterà via via più importanza, perché mi serve per indagare un tema a me molto caro.
3. I personaggi sono, a mio giudizio, il centro del tuo romanzo. In più occasioni li ho definiti maestosi. Il protagonista, Heath, è un adolescente ribelle, con tutte le “belle” caratteristiche e contraddizioni della sua età. Che cosa rappresenta per te, come tema del tuo romanzo, l’adolescenza? E quanto è stato difficile immedesimarti in un maschio di quell’età, per di più nativo americano?
*scoppia a ridere* Allora, mia cara… Come sa bene chi mi conosce in tutte le mie vite parallele, sono anni che frequento la testa di un maschio adolescente nativo americano! In altri termini, calarmi nella testa di qualcuno molto diverso da me è un esercizio che non mi è nuovo. Effettivamente mi è stato già detto che so entrare nella testa degli uomini. Non lo so, forse in una vita precedente? Quanto all’adolescenza, come dice una mia amica, io sono adolescente “da un po’”. Non ho dovuto calarmi nella parte.
4. Ho letto che tu ami concentrarti sui personaggi femminili. Rivkah, Anna, Neena, così come anche Deanna, sebbene personaggio secondario, sono personaggi delineati con grande maestria, tanto da apparire realmente esistenti. Ti sei, in qualche misura, ispirata a persone reali o è tutto frutto della tua fantasia?
Sono vere entrambe le cose, credo. Mi è stato detto che Neena sono io, ma giuro che non l’ho fatto apposta! I tratti “dolci” delle varie personalità, invece, di solito appartengono a una persona a me molto cara alla quale mi ispiro spesso. Posso dire comunque che tutte, tutte le donne che ho conosciuto nella mia vita mi hanno regalato qualcosa di interessante per le mie storie.
5. Buck, protagonista del romanzo assieme a Heath, è un mezzo-lupo, un incrocio tra una lupa e un cane, scelta che dimostra il tuo amore e il tuo interesse verso gli animali. Tuttavia la mia sensazione è che tu non sia scivolata nella troppo facile “umanizzazione” di Buck. Mi spiego meglio, cercando di non rivelare troppo a chi non l’ha ancora letto: Health e suo padre Isaias partono per una battuta di caccia. Il vecchio è un guardiaparco, ma anche un cacciatore: una pallottola per la caccia, una per difenderci. Buck quando arriverà a casa avrà posto nella rimessa, mai un guinzaglio, mai una catena, ma non diventerà nemmeno un giocattolo. Ogni personaggio sarà vincolato alla necessità di rispettare la natura e la diversità dell’altro e nel momento in cui Heath tenterà di stravolgerla, portando Buck con sé in città, nasceranno i veri guai. Allora forse potremmo desumere che l’amore vero verso gli animali parte dal rispetto verso ciò che essi sono e che ciò, a volte, implica anche la necessità di doversi separare?
La separazione fa parte della crescita, è una parte fondamentale del nostro essere umani. Comincia con il taglio del cordone ombelicale e continua fino alla separazione più grande, che è la morte. Separarsi è necessario per vivere profondamente e per amare profondamente. Non so, forse ho usato “Buck” anche per riflettere su degli eventi recenti, delle perdite per la nostra famiglia. Sapersi separare fa parte della costruzione di un rapporto rispettoso con tutte le creature, uomini e animali.
6. Il percorso di crescita di Heath e Buck (come tu dici sul tuo sito è un romanzo di formazione) porta il lettore a dare un’interpretazione di che cos’è l’amore. Senza troppo rivelare, potremmo dire che l’amore più grande è quello che lascia l’altro libero di andarsene e che, in fondo, rinunciare per amore è l’atto più generoso di cui si può essere capaci?
Tu descrivi i miei temi anche meglio di me! Nel romanzo qualcuno – non facciamo spoiler – deve affrontare non una ma due separazioni difficili, e questo è il primo vero atto da persona adulta (o almeno, in crescita…).
7. Poiché il mio è un blog di lettura e scrittura creativa, vorrei rivolgerti una domanda tecnica. A mio parere, questo libro potrebbe essere utilizzato come manuale per aspiranti scrittori. Ho ritrovato in esso un po’ tutte le regole che ho faticosamente imparato in questi anni. Solo per citarne alcune: personaggi a tutto tondo, dialoghi efficaci e mai banali che contribuiscono a far procedere la storia, descrizioni brevi e pennellate senza lasciare alcuno spazio all’infodump, sospensioni e anticipazioni che catturano la curiosità del lettore, alternanza di capitoli brevi ad altri più lunghi, il tutto condito da un ottimo uso del mostrare senza dire. Io poi, che sui dialoghi ho dei seri problemi, ho apprezzato in particolare la tua scelta di non commentarli, ma di lasciare intuire al lettore chi dice cosa e chi fa cosa, senza che ci sia mai il rischio di fraintendimento. Immagino che, al di là del tuo indiscutibile talento, dietro a tutto ciò ci sia un grande lavoro di studio. Sebbene io non abbia avuto la sensazione di qualcosa di forzato né di artificioso, ti chiedo se ciò sia per te ormai naturale e quanto lavoro di lima ci sia dietro.
Più che un lavoro di lima, possiamo parlare di un lavoro di machete! Dopo la prima stesura io taglio, taglio, taglio, riscrivo e poi taglio ancora. Se mi sono portata a casa una lezione dalle montagne di manuali che divoro, è questa: tutto ciò che non è strettamente necessario va tolto, perché appesantisce il viaggio emotivo del lettore. Cerco di arrivare il più possibile vicina a una scrittura “visiva” ed essenziale. Sono sicura che anche in “Buck” potevo tagliare ancora. Quindi uhm, non so se questo è un processo naturale. Scrivo con facilità la prima bozza, ma poi comincia l’agonia dell’editing.
8. Il percorso che ha portato alla pubblicazione di Buck è ben spiegato sul tuo sito per cui non mi soffermerò su curiosità che i lettori sanno già o che potranno trovare lì. Non voglio nemmeno tediarti con la solita domanda su casa editrice o self, che ha un po’ stufato tutti. Vorrei però chiederti se sei soddisfatta di questo percorso e se c’è stato un momento in cui hai pensato di avere sbagliato tutto (questa è una domanda interessata, visto che a me capita un giorno sì e l’altro anche).
Non ho il minimo rimpianto. E sono più che felice di conservare il controllo su un prodotto della mia creatività, prodotto del quale sono anche abbastanza soddisfatta. Cederei questo controllo solo a fronte di una proposta di quelle che non si possono rifiutare, ma per davvero!
9. Mi ha colpito ciò a cui accenni sul tuo sito e nella dedica iniziale, ovvero che il tuo romanzo era anche un regalo di compleanno. Anche a me, molti anni fa, è successo di impegnarmi a finire a tutti i costi la stesura di un romanzo perché volevo regalarlo ad una persona a me molto cara. L’atto di scrivere è un atto d’amore?
Senza dubbio. Amore per noi stessi in primo luogo, perfino un atto di egoismo, forse. Amore per una persona particolare, alla quale pensiamo quando scriviamo. Amore per il lettore, soprattutto in fase di editing. Se ho bene in mente il mio lettore ideale, quando scrivo penso a lui, non ad autocompiacermi della mia prosa elaborata… E torniamo all’uso del machete. Inoltre, pensa a quanta gioia e a quanto sollievo può dare una bella storia ad un’anima sofferente o dubbiosa.
10. Come ho già detto pubblicamente (giuro che la mia non è adulazione), ritengo Buck un romanzo straordinario. Se l’avessi scritto io (ma la mia è una facile affermazione visto che non è così), sarei disposta a rinunciare al successo pur di avere la consapevolezza del valore della mia opera. Meglio avere successo con un romanzo di poco valore o aver scritto un romanzo straordinario senza ottenere l’attenzione di chi conta?
Ti faccio io una domanda: chi è che conta? E comunque grazie per avere apprezzato la mia creatura! Non sta bene mettere i cuoricini in un’intervista, vero?
11. Ho letto che Buck avrà un seguito. Poiché mi sto già sfregando le mani alla notizia, sai già dirci per quando prevedi di pubblicarlo?
Sognavo di pubblicarlo entro la fine del 2016. In realtà, come tu sai, mi sono andata a impegolare – ben volentieri – in un altro progetto… Vedremo, io ce la metto tutta. Questo è un anno particolare e vorrei celebrarlo con un altro romanzo.
12. Ringraziandoti per aver risposto alle mie domande e per aver scritto un’opera di raro valore, ti lascio un’ultima domanda: c’è un aneddoto particolare che vorresti raccontare o qualcosa che vuoi dire o che pensi non sia emerso da questa intervista?
L’essenziale è stato detto, anzi, sento che tu hai capito profondamente sia “Buck” che le intenzioni di chi l’ha scritto. Se posso aggiungere qualcosa, vorrei ricordare l’iniziativa “Buck e il terremoto” finalizzata ad aiutare le vittime del recente terremoto in Centro Italia. E voglio ringraziarti con un grande abbraccio per avermi invitata a casa tua.
Serena Bianca De Matteis è laureata in Letteratura Francese. Ha lavorato per diverse aziende multinazionali nei settori Marketing e Vendite, e continua a farlo; però non ha ancora perso la speranza di diplomarsi a Hogwarts. Lettrice e scrittrice compulsiva, è mamma, blogger e appassionata insegnante di tecniche della narrazione. Abita alle porte di Milano con due gatte-editor e una famiglia molto, molto paziente.
59 Comments
Bellissima intervista, conosco Serena di persona, ho già letto e apprezzato Buck, non posso che ringraziare entrambe per la magia dell’amore per le parole che traspare in ogni sillaba di Buck e di questa intervista.
Grazie mille, Sandra! Preparati che tra poco tocca a te! 😉
Ciao, Sandra! Quando verrai a trovare Silvia, sarò qui a fare un tifo da stadio. Quando ci sentiamo? 😉
[…] oggi, però, vorrei segnalarvi che Silvia Algerino di lettorecreativo.it pubblica oggi 20 settembre un’intervista alla sottoscritta, il cui tema principale è il mio Buck. In occasione dell’intervista, c’è una sorpresa per i […]
Come te anch’io seguo Serena ancora da quando ho letto del metodo fiocco di neve, credo da Sandra, e poi incrocio i suoi commenti anche da Animadicarta e Pennablu. Come te (oh, mi stai seguendo?! 😛 ) anch’io c’ho capito pochetto del metodo…e sì che i fiocchi di neve li adoro, dicembre è la mia (nostra) stagione!
Come te (arridaje) anch’io sto prendendo la brutta abitudine di tirare giù nell’app kindle del telefono un sacco di ebook che non so quando leggerò perchè dal telefono è tosta (mi sono presa un power bank per ovviare alla batteria che mi lascia sul più bello).
Mi incuriosisce a questo punto il come si riesca a scrivere di un luogo senza esserci mai stati. A tratti mi pare impossibile, ma poi gli esempi sono sotto il naso tutti i giorni. E anche per i classici, Salgari fra tutti.
Ciao, Barbara!
Salgari non aveva Google, Google Earth, Google Maps, Streetview e tutto il resto… noi sì 😛 Quindi sì, scrivere di un posto dove non si è mai stati è fattibile. Poi ogni tanto ti viene in soccorso una botta di kiù: tipo, visiti un giardino botanico e t’imbatti in un’aiuola piena di piante nordamericane, alcune dell’Oregon. Successo davvero. Al Pavillon, la fermata più bassa della SkyWay, sul Monte Bianco! Oppure il lettore che mi ha mandato una lettera che mi ha toccata molto, su una cerimonia Lakota.
Per quanto riguarda il metodo del fiocco di neve, secondo me i passaggi fondamentali sono i primi; trattandosi di un metodo per espansioni successive, ci si può fermare dove si preferisce, in base alla propria indole.
Bello sapere che mi segui^^ Tra poco vengo a salutarti “di là” da me. Grazie per avere commentato anche qui dalla nostra Silvia :*
Abbiamo aperto i nostri blog nello stesso periodo, siamo entrambe sagittari di dicembre, ci inseguiamo qua e là tra i blog. Prima o poi con i nostri blog faremo qualcosa di fenomenale assieme, io e te. Me lo sento!
Io non posso commentare liberamente perché ne sono coinvolto; e proprio per rispettare la mia anarchia dico tutto. 😀
Solo una testimonianza.
Io ho avuto la fortuna di seguire passo passo la crescita di Buck, anche quando ancora non si chiamava Buck.
Serena un bel giorno mi propose di diventare suo accountability partner.
Io risposi: accountability cosa?
A quanto mi ha spiegato è una pratica americana dove due scrittori fissati gli obiettivi di stesura del proprio romanzo, ogni giorno si scambiano il numero di parole scritte, incitandosi a vicenda e se uno dei due non rispetta gli obiettivi che si è prefissato, l’altro rimprovera e motiva a dovere il partner.
Ecco, io che sono buono come Winnie the Pooh, se Serena un giorno non centrava il suo obiettivo, le dicevo, non ti preoccupare, recuperi domani. Se invece l’obiettivo non lo centravo io, lei come Attila il magnanimo me ne diceva quattro giustamente assortite. 😀
Devo dire che è stata davvero una bella esperienza essere accountability partner di Serena, un privilegio di cui sono molto contento e onorato.
Certo, c’è da dire che la furfante, pur raccontandomi alcuni dettagli della storia, non ha mai voluto farmi leggere nulla, si vergognava di me… ma vi rendete conto?
Così quando abbiamo pubblicato il libro (mi ha fatto lavorare di domenica e anche la notte, dove sono i sindacati dei self publisher? :P) e mi sono ritrovato il file con la versione finale di Buck da impaginare per il cartaceo, l’ho presa a parolacce. Sapevo che era brava, ma non immaginavo che fosse così brava!
Voglio solo aggiungere a tutti gli aspiranti scrittori che dicono di non aver tempo, che Serena è stata pazzesca. Determinata e pregna di passione per la sua storia. Scriveva rubando i minuti durante la pausa pranzo. Si scaraventava da qualche parte a masticare un boccone e scriveva, ogni giorno, senza sosta. Poi per mail mi mandava il conteggio delle parole scritte e schizzava di nuovo a lavorare. A testimonianza per quando vincerà il nobel (?!? ;)) conservo ancora il file Excel che io da cervellotico ho creato per tenere conto dell’avanzamento delle nostre scritture.
Per Buck questa scrittrice ha compiuto sacrifici immensi. Ha avuto i suoi momenti no, crisi personali come voragini abissali, ma nonostante tutto, non ha mollato. Come un carro armato che anche di fronte al terreno più impervio non si arresta, lei ha sfoderato i cingoli ed è arrivata alla conclusione, al sogno, all’amore che si era imposta.
Un grande complimenti da parte mia.
Bella intervista,complimenti.
Accountability partner… vorrei saperne di più, se è possibile.
Attuato tra voi era come incitare l’uno con l’altro su quello che stavate scrivendo? Lavorare allo stesso scritto o ognuno nel suo?
Scambiarsi le parole scritte per essere anche corrette e commentate dall’altro o per far vedere che si sta andando avanti col progetto?
Tante domande, ma ho una motivazione, vorrei trovare un partner per scrivere insieme.
Mi ha incuriosito la vostra collaborazione.
No, non scambiavamo i testi. Solo il numero di parole scritte ogni giorno, vegliando che l’altro svolgesse i compiti. 😉
Grazie Marco per la risposta. Direi un ottimo incentivo. Si potrebbe anche non essere sinceri sul numero, non controllando poi il testo, ma credo che poi si mentirebbe a se stessi.
Ho ripreso a scrivere un po’ al giorno, e non mi dispiacerebbe che qualcuno mi domandasse quanto ho scritto oggi e anche su che cosa.
Sarebbe una bella esperienza. Devi trovare qualcuno che ha come te in cantiere qualcosa da scrivere, ma soprattutto una persona con la quale hai molto affiatamento.
Ci vorrebbe il giusto equilibrio. Esiste con chi hai “feeling”, ma non sta scrivendo; c’è chi lo fa, ma non hai la giusta confidenza per poterglielo chiedere oppure che hai entrambe le condizioni, ma hai un po’ di paura a proporglierlo per non sentirsi dire di no.
Se sarà, verrà naturale oppure qualcuno dovrà fare il primo passo.
🙂
Buonasera, A.P. 😛
Come ti dicevo più sotto, mi prendo e mi porto a casa sia “Attila” che “Panzer” è__é
…e dopo che ho fatto la faccia cattiva, approfitto dello spazio di Silvia per ringraziarti ancora, pubblicamente. Non solo per le cose che mi hai scritto qui sopra, che credo mi stamperò per i momenti tristi, ma anche per essere il mio parabatai. Non è mica un caso che il tuo nome sia nella prima pagina di Buck. Senza di te non ce l’avrei mai fatta. Sono parole molto semplici e poco originali, me ne rendo conto, ma è la pura verità.
E preparati, che tra un po’ esce il seguito di Buck 😛
Ciao, AP XD Prendo tutto come un complimento, anche i cingoli e Attila 😛
Serena, secondo me, è un grande esempio per ogni aspirante scrittore, e non solo per la sua indubbia dedizione di cui tu ci hai reso una bella testimonianza. Personalmente, proprio grazie ai tuoi interventi e al suo esempio, ho totalmente cambiato opinione rispetto al self. Probabilmente se ci fosse un maggior numero di autori della stoffa di Serena a pubblicare in self, si rovescerebbe l’opinione comune. In ogni caso mi avete fatto venire voglia di provare quella via. Se sarà mai che terminerò il romanzo che sto scrivendo in questo momento, vi romperò le scatole a non finire! 😉
Smettetela subito tutti e due che poi mi monto la testa! 😀
…a parte questo: giuro che l’ultimo dei miei pensieri, mentre scrivevo “Buck”, era sostenere il self-publishing. Pensavo solo a finire in tempo e a scrivere il libro migliore che potevo. Adesso in effetti mi rendo conto che pubblicare “il libro migliore che si può” contribuisce a sostenere la via della pubblicazione senza intermediari.
Una via che a me appare sempre più naturale. Non ho nemmeno più voglia di far battaglie, anche se ogni tanto, in giro per il web, mi scappano i cavalli quando si tocca questo tema. Credo che ogni libro abbia la via giusta per arrivare dove deve arrivare, Questa via, per “Buck”, al momento appare una buona scelta 🙂
Oh Silvia, spero che i miei interventi sul self-publishing, non abbiamo fatto danni. 😉
Grazie per le tue parole, se dovessi aver bisogno non ti fare problemi e scrivimi pure. Sarebbe un piacere. 😉
No, no, altro che danni. Sai, mi sono fatta un po’ l’idea che sul self si tenda a confondere contenuto con contenitore, un po’ come ormai accade sovente su tutto ciò che riguarda il web. Voglio dire, non è che in sé la forma che si sceglie per pubblicare determini la bontà o meno di un’opera e se spesso si trovano libri di scarso valore nel self, questo non vuol dire che necessariamente pubblicare in self comporti il fatto che un’opera sia di scarso valore. Mi sembra un falso sillogismo. E l’opera di Serena lo dimostra. Poi, per carità, è ovvio che molti possano non sentirsi attirati dal self per tutto ciò che comporta in termini di autopromozione etc etc., ma quello è un altro discorso.
Leggerò a breve Buck, appena Amazon mi consegnerà i cartacei, sì ebbene le mie prime scelte tra i libri dei blogger sono i cartacei di Serena e di Sandra e non vedo l’ora.
Felice non abbiate svelato troppo, felice di aver annusato di che si tratta. Le belle persone non possono che scrivere belle cose, già la copertina sa di amore, natura, tenerezza e forza. Complimenti per il percorso e per l’intervista.
Nadia :* Auff, peccato che non si possano abbracciare le persone attraverso lo schermo.
Spero tanto di essere all’altezza delle aspettative, sto andando in ansia da prestazione. Mi farai sapere, vero? 🙂
Grazie grazie e grazie, con tutto il cuore.
Sono certa, Nadia, che ti innamorerai di Buck come me ne sono innamorata io. 🙂
Buck si è fatto bello, come ti dicevo su FB. Ora è sdraiato ai tuoi piedi e ti guarda adorante, come solo “loro” sanno fare!
sarà la forza del pensiero o che so io la congiunzione astrale, ma quando Silvia mi ha detto dell’intervista sono corsa a prenotare i libri…nemmeno a farlo apposta nel primo pomeriggio sono arrivati…in tempo per venire letti. Ho iniziato dal tuo per curiosità data dall’intervista e poco tempo dopo ero già a pagina 79…domani lo avrò finito e di certo ti dirò, ma se mi scorre nelle vene così veloce un merito già lo hai e lo sai…
Lo stritolerei di coccole, il tuo Buck! 😉
Carissimi, ciao! Sono in ufficio e non posso dilungarmi, ma entro stasera prometto di rispondere a tutti ❤ . Mi sono commossa leggendo e rileggendo, sapevatelo
Ho subito scaricato Buck e lo leggerò presto perché mi avete proprio incuriosito, avevo letto anch’io il post sul metodo del fiocco di neve e mi aveva colpito molto.
Condivido molto la visione della separazione “Separarsi è necessario per vivere profondamente e per amare profondamente”
Ciao, Giulia! Ben trovata anche qui. Grazie, poi se leggerai mi farà piacere sapere che ne pensi^^
Ah, Giulia, Buck ti piacerà un sacco, vedrai. Vorrei non averlo ancora letto per potermelo gustare di nuovo. 🙂
Ammaliato. Complimenti, davvero. Sono andato a rovistare sul blog di Serena (temo di averle fatto scappare i gatti 😀 ). Cercavo tra le altre cose il metodo del fiocco di neve, ma non l’ho trovato. Si è sciolto?
Ciao, Darius! Ha ragione Marco, ho tre blog. Uno per i confratelli di scrittura, uno più personale dove chiacchiero con chi mi legge, e quello del laboratorio che tengo per la biblioteca del mio paese.
Risultato? Li tengo tutti e tre in modo discontinuo, arrabattandomi come posso. NON fate come me, un blog basta e avanza, e pensare che me l’avevano pure detto!
…e mi sta salendo l’ansia da prestazione o.O
Perdinci! Anche io tengo tre blog. Allora non sono l’unico a essere ammalato di blogghite acuta… 😀
Comunque, scusate per la figura dello stordito: non avevo visto il link all’inizio del post. Ero convinto di averlo letto nell’intervista e nei commenti e sono andato a cercarlo lì, dove è citato senza link…
In ogni caso, grazie ancora a tutti. ;-D
Lo trovi linkato nel mio post. Comunque vorrei precisare che il fatto che io ci abbia capito poco è un mio limite personale, Serena è chiarissima. 😉
No, è che lei per sviare la Cia e il KGB ne tiene addirittura tre di blog. 😀
Questo è il link: http://serenabiancadematteis.com/metodo-del-fiocco-di-neve-scrivere-romanzo/
Gné gné gné 😀
Ho letto il post e l’intervista, unendo il tutto ai commenti mi sono fatto un quadro generale che trovo molto intrigante.Marco ha dato il colpo di grazia, questa è una cattiveria bella e buona, ho una lista di cose da leggere che non finisce più, ma credo proprio che Buck sarà presto nella mia libreria. Non si fa così però…
Che dicevo poco fa? Ansiaaa…
Spero di non deluderti, Massimiliano! Sarò onorata se troverai del tempo per leggere, e sappi che ti capisco davvero. Io vorrei potermi fotocpiare per mettere una “me” a leggere tutto il giorno, soprattutto gli autori che conosco. Invece mi sento sempre in difetto. Sigh.
Cara Serena , ho tagliato la testa al toro e oggi l’ho preso su Amazon. Intanto auguri per tutto, credimi, capisco bene, molto bene, le tue ansie. Un abbraccio grande.
Grazie, Massimiliano, ricambio l’abbraccio ^^ Ci leggiamo qua in giro 😀
Eh, come ti capisco. Qui la lista dei libri da leggere si fa sempre più corposa. E Buck vale veramente la pena di inserirlo! 🙂
Accidentaccio, lo sapevo che combino sempre danni. 😀
😀
Grazie, Silvia e Serena, per la bella intervista. Mi unisco ai complimenti per Buck, che non solo ho amato leggendolo, ma mi ha lasciato anche a posteriori una scia d’amore sufficiente ad aspettare con entusiasmo il seguito della storia. Non è roba da poco! 🙂
Ciao, bellissima <3 Grazie anche qui!
Ciao Grazia e benvenuta sul mio blog. Sono pienamente d’accordo con te. Non potevi definire meglio quello che il romanzo di Serena ci lascia: una scia d’amore. 🙂
…quello che mi hai regalato tu, oggi, te l’ho raccontato oggi in un messaggio su FB.
Ed è impagabile. <3
Credo che sia tutto merito tuo. Tuttavia sono felice che tu sia felice. :*
Allora Serena volevi un commento dopo la lettura di Buck.
Non sono un critico, ma una lettrice. Onnivora, ma non di bocca buona.
Il tuo libro l’ho divorato. Si assapora, si accarezza, perché si rimescola nelle viscere. Ho infilato le mani nel pelo morbido del lupo e sentito la sua sconfinata voglia di libertà. Ho provato un gran piacere ad ascoltare questa storia raccontata dalla tua penna e …. complimenti davvero.
Ho letto la recensione su Amazon ma non avevo mica capito che eri tu!
Grazie di cuore, Nadia. Ecco, delle parole così, proprio da lettrice, mi fanno camminare a mezzo metro da terra per le quarantotto ore successive XD Grazie, grazie e grazie, davvero!
un piacere, ora aspetto il seguito perché Mucchio d’Ossa nasconde una storia ci giurerei e anche Notte…insomma fiato sospeso.
L’ho preso! È nel mio kindle e lo leggerò presto. Bella questa intervista, complimenti Silvia. Seguo Serena da dietro le quinte… e io il metodo a fiocco di neve l’ho capito, ah ah!
Mi è piaciuta la cosa che hai fatto con Marco, Serena, quella del reciproco incentivo a scrivere.
E tu Marco, è una fortuna capitarti tra i piedi! 🙂
E che il romanzo possa avere il successo che merita! 🙂
Ciao, Marina, e grazie!
Avere un compagno di scrittura è una cosa che consiglio a tutti, e di Marco posso solo dire che… insomma, che ha funzionato. Credo che abbiamo pure litigato qualche volta – colpa sua, ovviamente 😛 – ma alla fine quello che conta è che tutti e due abbiamo finito, io Buck e lui un’altra cosa (se ne ha voglia ve lo dice lui, che cosa 🙂 ) E condividere un’avventura la rende ancora più bella, ovviamente se c’è sintonia con la persona.
Quanto al successo, quello che mi interessava di più l’ho già avuto. Il libro è andato nelle mani che lo aspettavano, nel giorno giusto, al momento giusto. Le copie erano ancora le prime, sai quelle con scritto “proof” in fondo. E c’erano più refusi rispetto alla versione attuale, perché ricaricavo il file ogni volta che ne trovavo, e credo di averlo caricato tipo quattro o cinque volte, e oggi me ne hanno segnalato un altro e mi veniva da piangere XD
Poi se verrà qualche altro successo, ben venga. Ma questo libro mi ha già regalato delle emozioni impagabili. Oltre al piacere di scriverlo, e all’amore che sento per i personaggi. Ormai, come mi ha scritto una persona, “l’ombra di un lupo mi trotterella accanto”. Scrivere fa malissimo, oltre alla cervicale fa venire anche le allucinazioni!
Scusa tutto questo papello. Grazie ancora, spero di non deluderti con la lettura. Un bacione.
Oh Marina, non so quanto sia fortunoso avermi fra i piedi. XD
Come si dice da noi: ammenzu e peri s’attruppica.
E non traduciamo per i nordisti. 😉
😀 😀
Sì, dai, capiamoci solo noi! Ahah!
Grazie Marina! Ah, ma ora mi impegno. Prima o poi sto fiocco di neve.. lo faccio sciogliere!! 😀 😀 😀
Silvia, uno di questi giorni scrivo un articolo su un altro metodo ancora, giusto così per semplificare le cose XD
Prometto che mi impegnerò di più. signora Maestra!! XD
[…] diritto di toccare la vita altrui con le nostre storie? Scrivere è un atto d’amore? Nell‘intervista che ho pubblicato questa settimana a Serena Bianca De Matteis, questa domanda è sorta spontanea […]
[…] lo raccontarono proprio qui, nei commenti alla mia intervista a Serena Bianca De Matteis, Serena e Marco […]