Nadia ha da poche settimane intrapreso la sua avventura con il crowdfunding e con Bookabook. Ci siamo conosciute così: lei che iniziava la sua campagna, io che, finita la mia, seguo quelle altrui. Nadia è una tipa tosta, di quelle che non mollano la presa. Ha organizzato una presentazione del suo romanzo per la raccolta fondi (era la prima volta che si cimentava in questa piccola impresa) con ottimi risultati. Le ho chiesto di raccontarci la sua esperienza perché, crowdfunding o meno, chi aspira a diventare uno scrittore sa che, prima o poi, la presentazione gli tocca. Buona lettura. [su_spacer][su_spacer]
10 consigli per superare al meglio il panico della prima presentazione – Un guest post di Nadia Banaudi
Se scrivere è un’emozione, partecipare alla presentazione del proprio libro ne è l’ennesima potenza.
Così quando mi sono ritrovata a pensarla, idearla e concretizzarla ho cercato di seguire uno schema. Strano per me che vivo istintivamente, ma inevitabile se si vuole fare un buon lavoro.
Ho pensato di darvi la ricetta, per lo meno gli ingredienti, sarete poi voi ad amalgamarli nel giusto dosaggio.[su_spacer]
1. Designare le intenzioni
Innanzi tutto mi sono domandata cosa volessi ottenere e visibilità è stata la prima risposta, seguita da tanta emozione, sotto forma di consensi, confronto e soprattutto condivisione del mio progetto. Perché, è giusto sottolinearlo, si tratta di una sorta di novità in campo editoriale. Decidendo di utilizzare il crodwfunding ho cercato sostegno nel lettore attraverso la prenotazione del libro ed iniziato la scommessa. Di questo si tratta nella vita, e per una volta ho scelto di mettermi in gioco alla ricerca di una collocazione per me stessa ed il mio romanzo in una sorta di “è destino sia così”, che tanto mi piace e somiglia.[su_spacer]
2. Dare un nome appropriato all’evento
Ho pensato alla presentazione come una sorta di culla protettiva del libro, in cui ambiente, situazione, partecipanti…dovessero assorbire in pieno le mie intenzioni e sentirsi parte del tutto, il nome “Aperitivo-chiacchiera” è stata l’illuminazione derivante.[su_spacer]
3. Uccidere i propri fantasmi
Per esorcizzare la paura ho iniziato a far correre la fantasia ipotizzando scenari possibili cadendo nell’ansia, ma, nonostante il rischio, consiglio questa pratica perché resta utile esercizio per considerare ogni eventualità. Occhi che ti squadrano pensando a come dovrebbe essere una scrittrice, soppesando anche la centratura degli occhiali nel complesso della mise che indossi per l’occasione. Orecchie che ti ascoltano curiose e golose di aneddoti, per crearsi un quadro completo della tua personalità. Lettori che aspettano di capire se quello che hai scritto potrà intrattenerli, soddisfarli e convincerli.[su_spacer]
4. Tornare con i piedi per terra
Finita l’agonia di un incubo ad occhi aperti sono tornata alla realtà e respirato. Quindi mi sono detta che la carta migliore fosse tirare fuori tutta me stessa. Un messaggio che spesso arriva dai grandi artisti (cantanti, attori, sportivi) che si mettono in gioco lasciando trasparire anche aspetti della propria vita privata. Ecco su quella scia ho costruito la mia presentazione.[su_spacer]
5. Contare sui punti di forza che si hanno
Senza amici non si può fare nulla, e anche se pochi quelli ci sono sempre. Senza nemmeno starci troppo a pensare le cose sono venute da sé ed i miei supporter si sono dimostrati importanti ed insostituibili. L’amica più distante, a livello materiale, si è occupata di creare l’invito da veicolare su internet (strumento indispensabile), l’amica più intellettuale si è offerta di leggere passi del libro per intrattenere gli ospiti, l’amica più gentile di raccogliere le prenotazioni degli invitati. Solo il pensiero di averli accanto mi sentivo già più al sicuro.[su_spacer]
6. Distribuire i compiti
Tutti, membri di famiglia compresi, hanno ricevuto le giuste dritte per diventare essenziali alla buona riuscita dell’evento. Chi a cucinare, chi a preparare la sangria, chi prendersi cura dei miei figli, chi a rendere la stanza adatta alla presentazione. Ho puntato su quel pizzico di casalingo che speravo avrebbe conquistato, ed esaurito l’impegno della spesa, di tutti i piccoli, ma necessari particolari utili a rendere l’evento tale, mi sono dedicata alla parte importante.[su_spacer]
7. Affinare la presentazione
Restando in tema con il libro, che parla di emozioni, femminili, umane, quotidiane, sentendomi prendere dalla trepidazione dell’avvenimento ho lasciato trasparisse interamente, cavalcando l’onda. Ho coinvolto su facebook con anticipazioni e dietro le quinte, raccontando come quelle montagne russe le stessi vivendo da dentro, e fossi a tutti gli effetti un essere umano con un sogno e grandi aspettative.[su_spacer]
8. Superare gli imprevisti
Poi finalmente è arrivato il grande giorno. E decisamente la realtà ha superato la fantasia. I contrattempi si sono verificati, come sempre puntuali al loro appuntamento cercando di cogliermi impreparata, ma hanno trovato una guerriera ad affrontarli. L’amica che doveva leggere i passi del libro non è potuta essere presente, molti invitati hanno avuto altrettanti impedimenti e non sono riusciti a partecipare, e fino alla fine il numero è oscillato più sui forse che sui sì. Il rischio di una presentazione con pochi presenti è che sia poco stimolante ed efficace. Ero terrorizzata di questa eventualità. Ho però accettato ogni singolo avvenimento come un’inevitabile decisione del destino ed atteso curiosa cosa mi stesse aspettando dietro l’angolo. Come dico sempre il carattere si tira fuori con i nonostante, tutti bravi altrimenti…[su_spacer]
9. Affrontare la realtà con il giusto entusiasmo
Il momento in cui mi sono seduta per intrattenere i tanto attesi ospiti è stato quello in cui mi sono resa conto di non essere più scrittore, libero di vagare con la fantasia al riparo nel mio angolo di casa rassicurante, ma un promotore dell’opera, che punta su ogni inflessione di voce, ogni sorriso per convincere. Senza che nulla però sia studiato a tavolino, o fuori dagli schemi, semplicemente rendendosi conto che il libro sta parlando attraverso di te e ne sei l’estensione. Così è stato. Mi sono lasciata portare dove solo una grande passione può condurre, sulle sue ali per continuare il viaggio. Mentre raccontavo svelando parti del romanzo, guardavo negli occhi il pubblico seduto in rigoroso silenzio e percepivo tutta l’attenzione verso le mie parole.[su_spacer]
10. Fare del proprio libro il punto di forza
Nel mio libro parlo di storie di donne, delle loro sconfitte e vittorie, di come si trovi sempre la forza perché dentro di noi. Così al pubblico di amici, amici di amici, conoscenti e sconosciuti ho proposto una valanga di emozioni, travolto inneggiando alla positività, scegliendo di lanciare un messaggio. Che la vita ha un limite quello che decidiamo di darle.[su_spacer]
Il mio è “Vita e riavVita” e sta prendendo il volo. E la presentazione, mettendo a nudo il mio cuore, è stato un successo. Nessuno è uscito dalla serata senza prenotare il libro, con l’intenzione ferma di fare del suo passaparola veicolo di pubblicità. Ed ancora più bello è stato percepire l’affinità di pensiero stabilita con chi è intervenuto che ha abbracciato in pieno il mio stato d’animo. Posso solo consigliare ad ogni autore di indossare i panni più naturali possibili per la sua presentazione, perché quelli vincono su tutte le strategie.
I dieci punti elencati però sono una traccia da tenere presente per non farsi scoraggiare dai contrattempi, dalle emozioni sbilanciate e non perdere mai di vista il vero intento: fare una strepitosa presentazione. Credetemi ci si guadagna in autostima.[su_spacer]
Nadia Banaudi nasce a Savona nel 1974. Finite le magistrali entra subito nel mondo del lavoro. Nella vita fa un po’ di tutto. Dalla commessa alla segretaria, dall’insegnante d’asilo nido alla supplente di scuola primaria, restando costantemente precaria. Intorno ai 30 anni diventa mamma due volte e si dedica a questa nuova occupazione giorno e notte. Da quarantenne riprende in mano le fila della propria vita e inizia a scrivere. Nel 2015 scrive e autopubblica “Il Giardino Viola” una storia breve ma intensa di quelle da leggere di un fiato in una manciata di ore. La lettera di una madre che racconta alla figlia il loro rapporto e i diversi modi di intenderlo. Nel 2016 intraprende il suo cammino con Bookabook, nella speranza, sempre più concreta, di pubblicare il suo “Vita e riavVita”. Il suo blog è svolazziescritture.
19 Comments
[…] 10 maggio 2016 La prima presentazione: 10 consigli per esorcizzare il panico […]
Non conosco il panico da presentazione, ne ho fatte diverse, ma sempre a libro uscito. Non ho mai avuto problemi a parlare in pubblico, non è un vanto, sono fatta così, di problemi di sicuro ne ho altri.
Però, avverto il panico da campagna di raccolta fondi, al punto che sono arrivata 2 volte alla firma con Bookabook e poi mi sono tirata indietro (ecco, un problema serio: passare per psicopatica con Bookabook).
Brava Nadia quindi!
Ahahaha!! Che ridere, in bookabook hanno il cartello con la tua foto con scritto sotto “psicopatica”!! Ma figurati, se passi tu per psicopatica…
A parte le mie stupidate, penso che da un punto di vista psicologico sia molto più difficile affrontare una campagna di crowdfunding per chi come te ha già pubblicato con case editrici serie piuttosto che per chi come me non ha mai pubblicato nulla. Il mio eventuale flop me lo sarei metabolizzato in piena solitudine senza che il mondo ne sapesse nulla. Diverso è per chi ha già il nome che circola nell’ambiente.
Grazie Sandra, il panico da raccolta fondi con l’eventuale ritirata all’ultimo sarebbe per me follia e spero non mi colga, davvero!
Anche io non ho alcun problema a parlare in pubblico, dote immagino caratteriale, ma non estesa alla totalità degli autori che molto meglio si trovano di solito tra le quattro mura del loro angolo di ritiro a scrivere.
Però la presentazione porta molto lavoro di preparazione, specie se non esiste un editore materiale che ti insegna, ti accompagna e ti istruisce. Io ho improvvisato in un certo senso, cercando di seguire quel pazzo istinto che ha mosso tutto in me: la voglia di scrivere, di fare il passo verso la pubblicazione fino a cercare di coinvolgere il pubblico nella campagna. Sto attraendo gente nel mio sogno, allargandone i confini.
La presentazione a libro uscito sarà invece ancora un’incognita, ma ne assaporo già l’idea come una festa di gioia da condividere.
Io personalmente ero abbastanza spaventata all’idea di parlare in pubblico. Anche perché non l’avevo mai fatto prima. Però era una tensione positiva, di quelle che senti prima di una gara sportiva o prima di un esame in cui, in fondo in fondo, sai di essere preparato.
Più che altro avevo paura di me, di bloccarmi sul più bello e di fare la figura della scema. Stesso motivo per cui detesto le recite scolastiche. Quando un bambino si blocca e magari scappa in lacrime (già visto succedere più di una volta alle recite dei miei figli) sto male per lui e mi chiedo perché ‘sta tortura? Mica siamo (o dobbiamo essere) tutti animali da palcoscenico solo per la soddisfazione di genitori e maestre. Chiusa la parentesi polemica, la mia (finora unica) presentazione invece andò molto bene e ci presi gusto a stare lì a parlare. Ma non fatemene fare un’altra, per favore. Se un giorno davvero pubblicherò qualcosa di valore, voglio essere come Elena Ferrante, che manco si sa chi è.
Condivido sulla recita dei bimbetti. In effetti sono rimasta bloccata anche dal fatto che se la campagna non fosse andata a buon fine, cosa possibile, con che faccia sarei tornata in goWare a dire “ehm, lo pubblicate voi?” Nella mia posizione è impossibile che non sapesse di Bookabook, ogni contratto che firmo deve passare dall’agente che è consociato con goWare. Insomma un ginepraio. Io, torniamo a Nadia altrimenti passo per psicopatica egocentrica pure qui, ho difficoltà coi familiari stretti, a parte il marito e un po’ mia sorella, non è che mi supportino tanto, quando ho letto che c’è stata gente che ha cucinato per l’evento di Nadia ho pensato che fosse una cosa fantastica, cioè ognuno dà e fa ciò che meglio gli riesce per portare a casa il risultato. Ho parlato di crowdfunding in ufficio, ho un collega che ha lavorato a lungo in discografia, e ne sa, e dice che la campagna attuale per i cd si aggira sui 10 mila euro, e che i “dischi” oggi si fanno solo così. Ma noto anche che in Italia ancora se ne sa poco, e lo scoglio forse più difficile da superare è quell’assimilarlo alla beneficienza.
A me le recite piacciono molto e quando le vado a vedere, essendoci i miei figli in prima linea, sono in pole position a tifare sorridente per loro. Per lo più mi ritrovo a doverli incoraggiare prima dell’esibizione, certificandogli un successo, ma con gli altri funziona più facile.
Per il crowdfunding, invece ammetto la totale ignoranza. Prima di questa nuovissima avventura in cui mi sono tuffata non ne conoscevo l’esistenza. Forse ero una dei pochi, perché chiunque incontro mi racconta mille aneddoti su come le migliori novità ultime ne siano frutto. Pannelli solari, smartphone, riviste, dischi, progetti importanti e colossali…direi che ho rivalutato senza ombra di dubbio il sistema. Di fatto si tratta di mettersi in gioco, di cercare lettori prima di avere il libro in mano (in questo caso) e di far leva sulla fiducia, grande merce di scambio che baratto con la mia parola ed i miei scritti. La presentazione è un mettersi in piazza, far parlare di sè, accendere i riflettori, e sì è vero ci vuole coraggio, ma nemmeno troppo se lo si fa con lo spirito di voler informare gli altri di un nostro progetto.
Ecco io l’ho vissuta così.
L’aspetto che ho amato di più del crowdfunding è proprio quello collettivo, che, come dici tu, supera il concetto della beneficenza. Da una parte nella collaborazione attiva di amici e parenti che anche a me hanno dato una grossa mano nel cucinare e nel preparare e pubblicizzare l’evento, dall’altra nel sentire che c’erano davvero persone coinvolte nel progetto e che ci tenevano che vedesse la luce. Anche per questo ho deciso di collaborare con bookabook in veste di mentore, perché ciò che viene fatto in squadra ha un sapore diverso tanto che alla fine di accorgi che l’ultima cosa di cui ti importa è il tuo libro. Quello a cui tieni davvero sono le persone e che il tuo libro è stato il mezzo (seppur un mezzo splendido) per raggiungerle e per comunicare con loro.
Anziché farmela passere, mi hai fatto aumentare l’ansia… Per fortuna non ho nessun libro da presentare. Esporsi ad una triste, trita presenzazione libraria potrebbe essere un buon deterrente a non scriverne mai (di libri).
ecco questo non lo volevo!
L’ansia è cattiva consigliera, mai farsi prendere a braccetto da lei.
In realtà senza una presentazione nessun libro viene effettivamente conosciuto, perché se è vero che esiste una esigua percentuale in Italia di lettori, è anche vero che molti preferiscono sentire dalle labbra dell’autore di cosa parla la sua opera.
Io personalmente credo molto nel legame tra lettore ed autore, un rapporto che mi piace coltivare. Per questo la presentazione è importante e distribuire nell’arco di una serata momenti di ascolto con momenti di condivisione mangereccia, si sa aiuta. Non è forse vero che i migliori contratti si chiudono a tavola?
Per questo sia Nadia sia io abbiamo puntato sull’aperitivo, così gli invitati erano più attenti al buffet che ai nostri discorsi! A parte gli scherzi, dici una cosa reale. La difficoltà sta proprio nel trasformare una triste presentazione libraria in qualcosa di interessante per il pubblico. Come in ogni operazione di marketing, bisogna lavorarci prima. Dalla scelta del luogo giusto al target di pubblico invitato. E comunque unire un valore aggiunto, attraverso appunto un aperitivo o organizzando la lettura di alcuni passi da parte di un attore (sebbene non professionista), spesso spezza quella che può essere la monotonia di una presentazione trita. Come in tutte le situazioni, conta poco che cosa fai, conta come lo fai.
non potrei essere più concorde! Conta proprio il modo di fare le cose, il messaggio passa moltissimo attraverso impostazione della voce, semplicità, chiarezza, naturalezza!
*passare
Un po’ mi ha ricordato la discussione della tesi di laurea, con noleggio del videoproiettore, la presentazione video, il discorso, i dati, le domande, parenti-amici-curiosi ad ascoltarti e non capire niente, professori pronti a coglierti in fallo, il punteggio su cui poi ti giochi la carriera, il peso delle antiche sale affrescate che hanno ospitato protagonisti illustri prima di un’insignificante moscerino come te…
Però un libro è ancora più cuore della tesi.
Della mia discussione ricordo che avevo un tailleur beige messo solo in quell’occasione. Ce l’ho ancora nell’armadio, non ho il coraggio di disfarmene anche se ormai mi sta enorme. La sala era nello splendido chiostro di San Andrea a Vercelli (sede staccata di Lettere di Torino) e c’era una marea di gente, anche perché ero la seconda della giornata e tutti aspettavano il loro turno. La contro-relatrice era molto più umana della mia relatrice e si verificò uno strano effetto per cui chi doveva mettermi in difficoltà in realtà mi favorì. Uscii da quella sala con un senso di liberazione che non ho mai più provato in vita mia. A volte penso che sia stato il giorno più bello di sempre (non me ne vogliano i miei figli e mio marito) proprio per il contrasto tra l’asfissia del prima e la soddisfazione del dopo. (Scusate il momento amarcord). 🙂
Io arrivavo da una maturità a scena muta, cervello completamente staccato per eccesso di stress. Tornai a casa tramortita. Ma un conto è un interrogatorio, diversa è un’esposizione. Per la tesi, il lavoro è tuo. Quasi un anno per produrlo, con un relatore che quasi ti fa da editor. La discussione l’ho presa alla maniera del “il più è fatto, come vada vada, meno di questo punteggio non mi possono dare.” Ero l’ultima della giornata a luglio, commissione stanca, ma l’argomento era finanziario…e quando parli di soldi si svegliano tutti! 😛
Io parlavo di uso delle terre comuni in un’area del piemonte orientale tra il 1600 e il 1800. Interessava giusto… a nessuno a parte me!! XD XD
La tesi non l’ho sperimentata come situazione topica di stress, ma dal racconto temo avrei avuto le gambe poco stabili.
Per quanto mi riguarda l’intensità messa nella presentazione era scevra da preconcetti essendo senza paragoni precedenti, ma alle prese con proiettori, personaggi pronti a mettermi in fallo ed altro, non so sinceramente se avrei avuto grandi chance.
Sappiate, Silvia e Barbara, che mi avete fatto venire voglia di ricominciare a studiare, grande rammarico che torna a farsi strada. Credo sia davvero una tappa, come la si voglia intendere, dove capisci per cosa sei tagliata e ancora di più cosa ti aspetta da quel momento in poi.
E nonostante tutto non credo sia solo “curriculum”, ma una bella fetta di vita di cui tenere memoria, infatti quel tailleur non lo butterai mai via!